Agenda 2030 in Trentino, com’è finita? «Tutto fermo, una scelta politica»
Per attuarla, la nostra provincia ha avviato la Strategia provinciale di Sviluppo Sostenibile. Che è partita con incontri, esperti, tavoli e proposte. Ma che dopo il documento dell’autunno 2021, si è arenata. Ce lo racconta il professor Rocco Scolozzi, dell’Università di Trento
TRENTO. Cosa ne è stato della Spross, la Strategia provinciale di sviluppo sostenibile per l'attuazione dell'Agenda 2030 in Trentino? «Forse un sistema un po' troppo lungimirante, che si è preferito frenare».
Parola di Rocco Scolozzi, docente di Pensiero Sistemico e Futures Studies alla facoltà di Sociologia dell'Università di Trento, nonché addetto ai lavori, come consulente e facilitatore, al tempo della compilazione. Tutto risale al 2015, quando le Nazioni Unite approvarono i "17 goals" da raggiungere entro il 2030 per cercare di orientare il futuro verso una direzione più equa e sostenibile. Dalle linee guida globali, in un effetto domino, derivarono a loro volta le strategie regionali, nazionali e territoriali, con l'approvazione della strategia italiana nel 2017 e l'avvio dei lavori per quella trentina nel 2018.
Lavori che durarono in tutto tre anni: era il 15 ottobre 2021 quando la Provincia presentò il documento finale. Il vantaggio di declinare su scala particolare una strategia è presto detto: è più influenzabile da parte dei cittadini, e presenta proposte più concrete e immediatamente attuabili. «Ciò che contraddistingueva la Strategia trentina - spiega Scolozzi - erano due caratteristiche che la rendevano particolarmente efficiente: una prospettiva temporale più ambiziosa, non al 2030 ma addirittura al 2040, capace di collegare orizzonti lontani a orizzonti di medio termine, e un processo di partecipazione collettiva senza precedenti in fase di compilazione e attuazione».
Sul piano temporale, la Strategia si è avvalsa di standard di ricerca riconosciuti a livello internazionale, come i 14 megatrend definiti dai maggiori studiosi di strategia riuniti nel think tank del Joint Research Center dell'Unione Europea, o il paradigma dei Tre Orizzonti, sviluppato dall'International Futures Forum.
Sul piano partecipativo, strettamente legato alla definizione degli orizzonti temporali, la Strategia ha previsto un confronto sia tra gli addetti ai lavori (il "Gruppo di Lavoro Interdipartimentale per lo sviluppo sostenibile", composto da funzionari e tecnici dei diversi dipartimenti provinciali coinvolti), sia un dialogo aperto con la società trentina: workshop nelle scuole e in università e confronti con attori via via sempre più piccoli, dalle confederazioni agli ordini, dalle associazioni alle pro-loco, dai gruppi ai singoli cittadini.
«Ricordo le fasi di compilazione, la ventata di novità tra gli stessi funzionari che per la prima volta pensavano in maniera partecipata a obbiettivi su un orizzonte di 10, 20 anni, anziché ragionare nei solchi sicuri e tracciati dei singoli uffici. Difficile quantificare il numero di proposte e suggerimenti che ci arrivarono, ma anche la loro sintesi nei 10 obbiettivi e nelle 5 macroaree finali fu un processo di revisione condiviso» racconta Scolozzi. L'ufficio dedicato era in Via Romagnosi. Oltre ai funzionari dei dipartimenti e delle strutture a loro collegate, ai lavori presero parte anche il Muse e l'Università di Trento. Una strategia politica a tutto tondo, dunque, che prometteva un Trentino futuro «più intelligente, più verde, più connesso, più sociale, più vicino ai cittadini».
A quasi un anno e mezzo dalla ratifica, tuttavia, non se ne è sentito parlare quasi più e il tutto pare essersi ridotto a una mera questione di sostenibilità ambientale. «A questo proposito - nota Scolozzi - già in fase di compilazione, ci fu un progressivo scivolamento nella gestione della Strategia da una dimensione centrale e "sovradipartimentale" verso l'Appa, una struttura specifica dentro un singolo dipartimento». Lo testimonia anche una consultazione dei documenti pubblicati negli anni, dove il ruolo dell'Agenzia provinciale protezione ambiente, da cui pure provenivano alcuni dei principali coordinatori dei lavori iniziali - Claudio Ferrari, Elisa Pieratti e Paola Delrio - nel tempo si fa via via sempre più preponderante. «Purtroppo però, dopo la pubblicazione a ottobre 2021, ognuno tornò alla propria missione, e non vi furono più incontri» sottolinea Scolozzi, che non nega gli effetti positivi che tali discussioni avviarono, riflettendosi tra associazioni di categoria e cittadini anche fuori dai palazzi pubblici: «Per un po' stimolò anche dibattiti altrettanto multidisciplinari. Ma purtroppo fu una parentesi di buone pratiche che, non alimentata, andò gradualmente a indebolirsi».
Il problema, secondo Scolozzi, è sistemico. «La classe politica, in Trentino e in Italia, non è abituata a pensare a lungo termine. Quest'agenda costringeva tutti a fare i conti con obbiettivi concreti, complessi e distribuiti su un ampio orizzonte temporale. Ciò potrebbe aver seminato la paura del cambiamento nella politica e in chi aveva il potere di far riunire ancora quel tavolo. Secondo me si sarebbe potuta avere un po' più d'ambizione, era un ottimo strumento da cavalcare per guadagnare visibilità e reputazione».
Ma i problemi non finiscono qui: «La questione centrale è che a livello strutturale l'amministrazione è concepita in gruppi specialistici, che basano direttive, regole, valutazioni e premialità intorno alla propria missione, non alla capacità di dialogare e agire in coordinamento con altri organi. Ma essere troppo specializzati rischia di portare alla miopia, mentre il mondo e le sfide che ci aspettano sono questioni complesse, interconnesse: non possiamo immaginare di concepire l'agricoltura senza la sanità o viceversa».
L'assenza di un ufficio di riferimento significa che tutt'oggi, qualora si voglia presentare un'iniziativa volta all'attuazione dell'agenda, si rischia di non ottenere risposte rapide. Da ottobre 2021 a oggi, l'attuazione della Strategia si è concretizzata sopratutto in iniziative di educazione ambientale da parte di Appa, che lo scorso agosto ha presentato un catalogo con oltre 350 progetti didattici per le scuole. «Per quanto lodevole come iniziativa, il rischio è che si releghi uno strumento che permetteva di attuare un cambiamento sistematico nella politica trentina a una questione più specifica di educazione ambientale, per quanto sacrosanta» osserva Scolozzi. Per il futuro, dunque, viene da chiedersi se ci sarà la possibilità di rimetterla in moto. «È prevista una scadenza di revisione e aggiornamento al 2024, con valutazioni sul percorso intrapreso in ogni ambito, aggiornando la nostra posizione rispetto ai traguardi da raggiungere. Ma per ripartire servirà innanzitutto un cambio di volontà, quale che sia il colore della Giunta che se ne occuperà, e un'alfabetizzazione alla complessità, a gestirla anziché evitarla semplificandola e appiattendola» conclude Scolozzi. La Strategia non fa previsioni specifiche ma si adatta a una pluralità di scenari futuri con flessibilità, dunque è ancora utilizzabile: starà alla politica, e all'attenzione dei cittadini, riprenderla in mano.