Chiudono ristoranti e osterie: «C’è un problema di ricambio»
Non solo difficoltà economiche, anche in Trentino Alto Adige cessano l’attività locali conosciuti e amati, ultima l'osteria Morelli di Pergine. Carenza di personale e di successione familiare
TRENTO. Dall’OW di Lana all’Osteria storica Morelli, sono numerosi i ristoranti storici che alla fine del 2024 in regione hanno chiuso i battenti per cessata attività. Una serie di luoghi conosciuti e amati che sparisce dalla mappa dei clienti affezionati. Sta accadendo in tutta Italia: se ne vanno pezzi della gastronomia tradizionale. Una crisi più strutturale e generazionale che economica, legata all’evoluzione dei tempi e della demografia.
Una popolazione imprenditoriale che invecchia progressivamente senza riuscire a realizzare quel cambio generazionale che ha assicurato fino ad oggi l’affidabilità di un settore nevralgico per l’economia locale. Nella ristorazione si contano sempre più spesso difficoltà.
Anche in quella concreta e razionale delle osterie o dei gasthaus.
Le chiusure
Due degli episodi più recenti: la chiusura dello storico Oberwirth di Lana del mitico “Renato”, che ha ceduto alle difficoltà di trovare personale e all’avanzare dell’età. E la bella osteria Morelli a Pergine, anch’essa un punto di riferimento per la cucina del territorio, dove Fiorenzo Varesco ha appeso il grembiule al chiodo per dedicarsi alla meritata pensione. «Un fenomeno preoccupante - spiega lo chef e patron del ristorante Zur Rose di Appiano Herbert Hintner, che si considera più fortunato dei suoi colleghi, non solo per avere conservato la stella Michelin per trent’anni, festeggiati in questi giorni, ma anche perché ad assicurarne la continuità c’è il figlio Daniel, ormai ufficialmente a capo della cucina.
«Io mi sono riservato il posto presso l’osteria che ho aperto un paio di anni fa a pochi metri dal ristorante – spiega Hintner – in cui mi posso dedicare a pieno alla mia passione per la cucina del territorio e della tradizione». Nubi che però il decano degli chef stellati altoatesini, la prima stella risale al 1995 – vede all’orizzonte della cucina gourmet, ma non solo.
«La ristorazione sta andando in una direzione che diventa sempre più faticosa e difficile per i ristoranti gourmet. La gente non è più disponibile a pagare una cifra alta per certi piatti senza percepirne il valore non solo sociale».
Cambia la clientela
Un problema che si ripercuote soprattutto per i ristoranti che non appartengono ad una struttura alberghiera. «Il ristorante che deve pagare tutto tramite il cliente ha crescenti difficoltà», dice Hintner. Un fenomeno molto più sentito all’estero, ma che si percepisce sempre più anche in Italia e nelle località turistiche. «Quello che ancora funziona discretamente bene è il sistema delle trattorie, dove viene offerta ancora la possibilità di ordinare un singolo piatto e magari accompagnarlo a un calice di vino rimanendo sotto i 20 euro».
Mentre in molti stellati la scelta dei menù degustazione è ormai quasi un obbligo. «Naturalmente il prezzo è anche commisurato alla qualità dell’offerta. Al valore della spesa per ciascun piatto. Più sale la qualità, più aumenta necessariamente il costo».
Il problema del personale
Ma anche sul fronte delle brigate di cucina molto sta cambiando, andando ad influenzare l’offerta e l’identità della cucina di territorio. «Trovare personale locale è sempre più difficile e non solo per il problema degli stipendi. L’evoluzione della ristorazione moderna richiama anche molto personale che non è strettamente locale, ma che si applica a una cucina che spesso gli è poco familiare. Se il proprietario non ha una buona cultura gastronomica l’identità dei piatti può andare persa». Un canederlo deve sapere di canederlo, specifica Hintner. «Qualcosa sta e la prospettiva nei prossimi tre o cinque anni non è del tutto rose e fiori. Molti cuochi, come abbiamo visto sono in una fase di piena maturità «e sono nell’età in cui se vanno via».
Cosa accadrà, quando anche Gerhard Wieser del Castel o Peter Girtler dello Stafler smetteranno? «C’è un problema di giovani. Per cucinare e gestire oggi un ristorante ci vuole tanta passione, ma anche un buon marketing, ci sono tante cose: il servizio di sala, la scelta delle posate, la materia prima», prosegue Hintner. L’altro problema riguarda la cucina di servizio, conclude lo chef. «Quella che assicura lo zoccolo duro dei ristoranti, specie nei paesi. Il menù degli operai. Piatti abbondanti a un prezzo calmierato. Sempre più difficilmente redditizio». Qualcosa insomma deve cambiare e qualcosa volenti o nolenti cambierà. Di certo anche nel sistema Alto Adige si sente qualche scricchiolio. Un sistema in cui qualità e sacrificio stanno lasciando il posto a nuove esigenze e in cui sono molti più numerosi i locali che cedono il passo di quelli che riescono a proseguire sulla strada di sempre.