A Trento si presenta l'associazione di professori Docet. "Non un sindacato né un partito. L'autonomia ci limita"
Già 70 docenti trentini hanno aderito, il promotore è il professor Ceschi, ex preside ed ex presidente della Consulta: «Ma non è un sindacato»
TRENTO. "Un'avventura totalmente nuova per la scuola trentina, e in particolare per i docenti, che sono al centro di questo progetto". Il professore di greco e latino al liceo Prati di Trento Giovanni Ceschi (ex presidente della Consulta provinciale della scuola) ha presentato così in Sala della cooperazione, a Trento, l'associazione Docet, di cui è socio fondatore, che è nata il 30 settembre 2024 su iniziativa di 16 docenti delle scuole trentine. "Da anni ci stiamo rendendo conto che la categoria degli insegnanti di ogni ordine e grado vive delle esperienze davvero difficili dovute a problemi che sono ricorrenti e che si ripetono praticamente identici in tutte le scuole", ha aggiunto Ceschi, spiegando la genesi dell'associazione, che ad oggi raggruppa 70 insegnanti da tutto il Trentino delle scuole di ogni ordine e grado.
"Docet non è un sindacato. Non nasce in contrapposizione con l'attività dei colleghi del sindacato. Non è neanche un partito, né parte dall'idea che debba essere collocato politicamente in alcun modo, ma non rifiuta la politica in senso alto, con le idealità alte che devono improntare l'agire degli insegnanti, che ogni giorno fanno politica", ha detto Ceschi.
"Docet è contro l'isolamento del Trentino in un contesto dove l'autonomia venga brandita come strumento per dire che siamo diversi e anche un po' migliori", ha concluso il professore di greco e latino.
Docet, che vede Ceschi affiancato dalla collega Laura Rubagotti del liceo Prati, ricalca e continua il vasto movimento che lo scorso anno raccolse ben 600 firma di insegnanti trentini (consegnate il 2 aprile 2024 al Presidente del Consiglio Provinciale Soini, nella foto) per protestare contro il sistema degli esami di riparazione, che vede la Provincia autonoma di Trento isolata e diversa dal resto d’Italia per una normativa provinciale difforme.
La domanda della raccolta firme era piuttosto chiara e semplice: «Sei favorevole al ripristino del sistema degli esami a settembre?». E la firma in calce significava dire di sì. Ben 600 docenti della scuola trentina hanno messo il loro nome e cognome, per dire basta al sistema dei debiti formativi, che il Trentino - unica realtà italiana - porta avanti in solitudine da ormai di 17 anni.
«Vogliamo rimettere al centro il dibattito sullo strumento degli esami a settembre, non per nostalgia del passato – aveva detto Ceschi allora - ma perché da tempo risulta chiaro il decadimento del sistema del recupero delle carenze in vigore nella nostra scuola. Lungi da noi voler inserire un sistema punitivo, ma va aperta la discussione per arrivare agli aggiustamenti necessari».
Il tema non è nuovo. Nell’estate 2019 l’allora assessore Mirko Bisesti annunciò la riforma: «Rivoglio gli esami di riparazione: la formula attuale non funziona». Poi arrivò il Covid, l’attenzione venne rivolta al Ddl sulla carriera docenti e non se ne fece nulla. Ora, a pochi mesi dalle elezioni e visti i segnali di apertura della neo assessora all’istruzione, il tema torna d’attualità. Gerosa, già più di un anno fa, aveva annunciato una “terza via”: no ai debiti, «che non funzionano», ha detto Gerosa, ma no anche agli esami a settembre, «che mettono in difficoltà le famiglie». Fino ad ora non ci sono dettagli concreti, ma verosimilmente si tratterà di un miglioramento in salsa autonomista dell’ipotesi esami a settembre.