MEMORIA SFOCATA

Trentino, ricordati di Josef Mayr-Nusser

A 75 anni dalla morte il ricordo di un testimone scomodo: sarebbe ora che anche il Trentino si accorgesse di questo eroe perché rappresenta un pezzo della nostra storia politica e religiosa


Vincenzo Passerini


La memoria del martire antinazista Josef Mayr-Nusser a 75 anni dalla morte è più minacciata dal dilagante virus della smemoratezza. Josef Mayr-Nusser è un testimone scomodo. Lo ha detto anche il vescovo di Bolzano, Ivo Muser. Sarebbe ora che anche il Trentino si accorgesse di questo eroe perché rappresenta un pezzo della sua storia politica e religiosa, non solo di quella sudtirolese. All’epoca dei fatti, il decennio che va dal 1934 al 1945, Bolzano e due terzi dell’Alto Adige appartenevano alla diocesi di Trento. E questa appartenenza ha avuto un ruolo non secondario nella testimonianza eroica di Mayr-Nusser. Ma nessun ricordo di lui è in programma in questi giorni in Trentino, a meno che non ci sia sfuggito qualcosa. Diocesi e Fondazione Museo storico risultano incredibilmente assenti. 

Josef Mayr-Nusser è uno dei grandi eroi civili e testimoni cristiani del Novecento in Trentino-Alto Adige (e in assoluto nella storia della resistenza ai totalitarismi). Nasce il 27 dicembre 1910 nel maso Nusser di Bolzano, quarto di sei figli. Il padre muore in guerra a Gorizia. Frequenta l’istituto commerciale di Bolzano e poi lavora come contabile presso le ditte Eccel e Amonn. Ha una particolare attenzione per i poveri (alla tavola del maso Nusser, sotto il grande crocifisso, c’era sempre un posto libero per il viandante) e diventa presidente della San Vincenzo ai Piani di Bolzano. Legge, si informa, approfondisce sia le questioni religiose e filosofiche sia quelle politiche. Nel 1934 diventa presidente del ramo tedesco dei giovani dell’Azione Cattolica della diocesi di Trento che, appunto, comprende anche Bolzano. Siamo in pieno fascismo e il nazismo è da poco andato al potere in Germania. Il fascismo ha messo in atto una italianizzazione spietata in Alto Adige, in grandissima parte di lingua tedesca. A scuola e negli uffici è proibito parlare tedesco. Moltissimi giovani tedeschi si lasciano conquistare dalla propaganda nazista per affermare il proprio essere tedeschi contro il fascismo che li vuole italianizzare. Josef Mayr-Nusser è antifascista, ma anche antinazista. Poco più che ventenne, non perde occasione per criticare nei suoi discorsi il razzismo, il nazionalismo politico e religioso, l’esaltazione del “sangue e suolo” delle due ideologie (come testimoniano il volume “Discorsi, articoli e lettere di un martire dei nostri tempi”, curato da Josef Innerhofer, e le biografie di Mayr-Nusser scritte da Francesco Comina e Paolo Valente). C’è del suo in questo, soprattutto del suo, per quel mistero di libertà che fa nascere in ogni situazione coscienze libere e anticonformiste. Ma certo il giovane Josef ha trovato stimoli e consigli in don Josef Ferrari, l’assistente dei giovani di Azione Cattolica. La diocesi di Trento, anche per il ruolo del vescovo Endrici, è antinazista, seppur senza esporsi, come ha ben documentato monsignor Luigi Bressan in un suo recente libro (“Celestino Endrici contro il Reich”). Ben altro l’atteggiamento della diocesi di Bressanone, che ingloba il rimanente terzo dell’Alto Adige.

Ma il giovane Josef , come ha ricordato lo storico Leopold Steurer, riconosce la natura del nazismo prima della gerarchia ecclesiastica. E a differenza di questa arriverà a manifestare pubblicamente e clamorosamente la propria opposizione a Hitler. Pagherà con la vita il suo coraggio. Ma prima, dal ’34 al ’44, il giovane non si stanca di combattere le due ideologie. Quando nel novembre del ’36 arriva in visita a Bolzano il vescovo ausiliare di Trento, Enrico Montalbetti (cacciato due anni dopo perché inviso ai fascisti), Mayr Nusser nel suo discorso di saluto denuncia “quelli che si riempiono la bocca delle nuove espressioni divenute di moda come ‘estraneità del cristianesimo’, ‘fede in funzione della razza’ e simili, esaltando il sangue e la patria come le loro nuove divinità”. Lo stesso anno, al convegno “Fede e patria”, mentre ricorda la lotta di Andreas Hofer per l’indipendenza del Tirolo, critica il “giogo pesantissimo del dominio straniero” fascista, ma anche il Führer, apparso a molti “come una redenzione”. Nel 1938, in risposta alle leggi razziali fasciste e al razzismo nazista dilagante, interverrà più volte nei suoi discorsi criticando l’assolutizzazione del “sangue e suolo” e della “comunità etnica alla quale tutto il resto dovrebbe essere subordinato”. E contro la religione nazionale e patriottica ricorda che “la Chiesa è per sua natura sovranazionale e sovrarazziale”. 

Nel ’39 Josef Mayr-Nusser, in occasione delle opzioni, che sigillano l’abbraccio tra fascismo e nazismo, sceglie l’Italia mentre la maggioranza dei sudtirolesi sceglie la Germania. Entra a far parte dell’Andreas Hofer Bund, il movimento clandestino sudtirolese di resistenza che unisce un gruppo di giovani che non hanno optato per la Germania nazista e da cui uscirà il nerbo della Südtiroler Volkspartei. Nel 1942 sposa Hildegard Straub e l’anno dopo nasce il figlio Albert. Il 5 settembre del ’44 è chiamato alle armi nelle SS e finisce con altre reclute sudtirolesi a Konitz, a sud di Danzica. Ma al momento di giurare si rifiuta: dichiara di fronte a tutti che non può giurare fedeltà a Hitler. “Se nessuno ha il coraggio di dire no, le cose non cambieranno mai”, aveva detto a un commilitone. Col cuore in gola comunica la sua decisione all’amata Hildegard: “Questo amore reggerà anche alla dura prova rappresentata dal passo impostomi dalla mia coscienza”. Subisce il carcere, la condanna e la deportazione nel lager di Dachau. Ma lungo il viaggio muore di stenti nella stazione di Erlangen, in Baviera. È il 24 febbraio 1945. La sua storia è stata a lungo ignorata. Troppo scomoda. C’erano stati troppi filonazisti in Alto Adige e troppi acquiescenti. Nel 2017 la Chiesa lo ha beatificato. Ma resta scomodo. Che magnifico eroe contemporaneo sarebbe per tirolesi, sudtirolesi e trentini. Che grande storia “locale” da studiare nelle scuole. Dove trovare una storia trentino-tirolese come questa? Perché la Fondazione Museo storico, che insiste sulla categoria della complessità per far capire la nostra storia e per supportare il progetto politico di Euregio, non fa nulla per inserire in questa complessità, e darle il posto che merita, la grande testimonianza di Josef Mayr-Nusser? Perché la diocesi di Trento non fa del suo giovane martire dirigente di Azione Cattolica un caposaldo per formare le coscienze dei giovani?













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