Il vescovo Tisi in Duomo: «Ritrovare il gusto del dialogo, del confronto, dell'agire insieme»
L’omelia della messa di Natale: «La parola può diventare feconda, costruire percorsi di pace, solo se si interfaccia e si fonde con la parola degli altri
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TRENTO. "Ritrovare il gusto del dialogo, del confronto, dell'agire insieme: in fondo, saper ritornare bambini. È l'unica via, per cogliere il senso del Dio bambino". È l'augurio con cui l'arcivescovo di Trento Lauro Tisi conclude la sua omelia in Cattedrale a Trento, nel solenne pontificale del giorno di Natale. Secondo Tisi, l'atteggiamento del vero "discepolo" davanti al Dio che si fa bambino è "solo l'incanto".
"Il luogo dove trovare Dio - precisa - è il terreno dell'umano. Il Dio invisibile prende volto in Gesù di Nazaret". Don Lauro - dopo le due Messe di ieri sera con i Vigili del Fuoco e a Ville del Monte - riflette sull'uomo come frammento di vita e di tempo per sottolineare come solo in Dio "il frammento acquista senso e importanza", perché in Gesù "Dio stesso si è manifestato nel nostro mondo come frammento: attraverso un uomo singolo, nato in un piccolo villaggio, in un angolo di mondo, in un soffio di tempo".
"Sorprendentemente - nota monsignor Tisi -, l'essere frammento e non il tutto offre la straordinaria opportunità di uscire da sé per incontrare ed emozionarsi scoprendo la bellezza dell'esistenza degli altri", come capita ai bambini. "In quest'ora drammatica, in cui non sembrano esserci alternative alle ragioni della forza e della violenza, scoprire che l'uomo è tale nella misura in cui si apre al ricevere e all'accogliere, ci fa percepire - argomenta l'Arcivescovo - dove si nascondono le radici sinistre da cui prende piede la guerra: nel rifiuto di stare al mondo come apertura, orecchio teso per ascoltare, gioia di udire parole e storie diverse, mondi altri".
"Ognuno di noi - rammenta don Lauro - ha imparato a parlare grazie alla propria madre e alle persone che hanno interagito con noi nei nostri primi anni di vita.
La parola può diventare feconda, costruire percorsi di pace, solo se si interfaccia e si fonde con la parola degli altri".
La Messa è stata animata dalla Cappella Musicale del Duomo.
Ecco il testo integrale dell’omelia dell’arcivescovo Lauro Tisi:
«Nei presepi tradizionali non manca mai la figura di un giovane con la mano sulla fronte, a mo’ di visiera. Il suo sguardo è stupito e meravigliato davanti alla grotta dove giace Gesù, avvolto in fasce. Quel giovane credo possa rappresentare la figura del vero discepolo, incantato di fronte a un Dio che si fa bambino.
Per i cristiani non ci sono dubbi: il luogo dove trovare Dio è il terreno dell'umano. Il Dio invisibile prende volto in Gesù di Nazaret. Egli non è più lontano, in Cristo ci è venuto incontro.
Quando guardiamo l'uomo, ci accorgiamo che la sua vita è un piccolo frammento di tempo e il suo sguardo vede soltanto un frammento di mondo. Viene, allora, da chiedersi, facendo eco ai salmi: che cos'è l'uomo nell'immensità dello spazio, tra le infinite stelle? È interessante notare come il salmista non ponga la domanda a sé o ad altri uomini, ma a Dio stesso. È solo in Lui che il frammento acquista senso e importanza. Perché di quel frammento Dio è estasiato, sempre se ne ricorda.
Ma le novità non finiscono qui. Dio stesso si è manifestato nel nostro mondo come frammento: attraverso un uomo singolo, nato in un piccolo villaggio, in un angolo di mondo, in un soffio di tempo. In questo frammento, che è Gesù Cristo, Dio si è rivelato pienamente e per sempre.
Sorprendentemente, l’essere frammento e non il tutto offre la straordinaria opportunità di uscire da sé per incontrare ed emozionarsi scoprendo la bellezza dell'esistenza degli altri. Chi si rinchiude in sé stesso esiste, ma non vive. Un conto è vivere, altro è semplicemente esistere. L'essere frammento è la via per uscire dalla solitudine.
Trovo illuminanti le parole di Gesù: “Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite; a chi è come loro appartiene il Regno di Dio” (Mc 10,14).
Per Gesù, essere bambini non rappresenta solo uno stadio biologico del vivere umano. Nell'essere bambino viene esaltato ciò che è specifico dell'uomo: la bellezza del ricevere, dell’accogliere, dell’essere legato a filo doppio con gli altri.
Avere tutto, disporre di tutti e di tutto, ma non avere gli altri, è solitudine e morte. Il ricevere è grande quanto il dare. Dare senza disponibilità a ricevere è violenza.
In quest’ora drammatica, in cui non sembrano esserci alternative alle ragioni della forza e della violenza, scoprire che l'uomo è tale nella misura in cui si apre al ricevere e all'accogliere, ci fa percepire dove si nascondono le radici sinistre da cui prende piede la guerra: nel rifiuto di stare al mondo come apertura, orecchio teso per ascoltare, gioia di udire parole e storie diverse, mondi altri.
Ognuno di noi ha imparato a parlare grazie alla propria madre e alle persone che hanno interagito con noi nei nostri primi anni di vita. A loro volta, chi ci ha insegnato la parola l’ha ricevuta da altri, dentro ad un popolo, una cultura, una stagione della storia.
La parola può diventare feconda, costruire percorsi di pace, solo se si interfaccia e si fonde con la parola degli altri. Altrimenti è solo monologo. Scagliato contro altri, spesso violento.
La vita nessuno se la dà, può solo riceverla. Quando si interrompe la disponibilità ad accogliere, quella vita diventa un pericolo e una minaccia. Ritrovare il gusto del dialogo, del confronto, dell’agire insieme: in fondo, saper ritornare bambini. È l’unica via, per cogliere il senso del Dio bambino.
Buon Natale!».