La rinuncia del presidente incaricato Conte
Nelle prossime ore - scrivevo già questa mattina sull'Alto Adige e sul Trentino - il presidente incaricato, Giuseppe Conte - l’uomo qualunque, per dirla con Ezio Mauro - dovrebbe tornare al Quirinale. Scontata la salita. Imprevedibile la discesa. Le strade possibili sono infatti due. La prima è quella attesa: il presidente arriva da Mattarella con una lista (concordata) di ministri, si predispone tutto per il giuramento e questo governo, da qualcuno già battezzato Frankenstein per come è stato messo insieme, muove i primi passi. La seconda via è imprevedibile: Conte, che non vuole passare per Arlecchino servo di due padroni, sale dal capo dello Stato e gli dice che tenere insieme idee e teste così diverse, come quelle di Di Maio e di Salvini, è tanto affascinante quanto impossibile. Dunque? Non scioglie la riserva: rimette il mandato nelle mani di chi ha fatto più di un salto mortale per tenere insieme ciò che insieme, come le prime difficoltà dimostrano, non sembra stare.
Si dice: Salvini, sondaggi alla mano, vuole tornare al voto. E Di Maio vuole forzare per dire che non gli lasciano cambiare il Paese. In mezzo, proprio nel punto in cui questa corda si sta spezzando, ci siamo noi. I cittadini che aspettano un governo pur che sia. Quelli che iniziano a pensare che forse il loro voto ha prodotto un esito imprevedibile. Quelli che vogliono dare l’ultimo colpo al sistema dei partiti rafforzando la Lega, ma anche gli stessi pentastellati. Quelli che non sanno più che pesci pigliare. Quelli che pensano che in pochi mesi le carte si possano rovesciare. Gli imprenditori e i vari soggetti che non possono lavorare e muoversi sul mercato europeo e mondiale senza avere alle spalle un Paese con un governo definito. Quelli che non votano. Quelli che l’ultima volta alle urne ci sono andati, ma col cavolo che ci tornano. Quelli sollecitati dalla situazione a tornare a votare. Aggiungete pure altre categorie, ma in mezzo ci siamo sempre noi. Insieme a Mattarella, che giustamente vigila affinché il governo non sia troppo sbilanciato (non solo nei confronti dell’Europa) e a Conte, che ha già imparato che esercitare l’arte della mediazione a volte è semplicemente impossibile. Ma non c’è più tempo. È questo che sfugge ai più.