Il voto in Alto Adige e il "sarto" Kompatscher
L’evaporazione delle certezze. Una Svp non più autosufficiente. Il vento di destra: italiano (al di sotto delle aspettative) e tedesco (al di sopra delle aspettative). Una significativa spruzzata di verde. Una lista civica in forma. Una maggioranza assai difficile da mettere insieme. Il voto italiano in linea con quanto accade a Roma o a Palermo. L’ampio movimento del “no” tedesco (non solo al vaccino) che sbaraglia. Il TeamK che perde consensi ma che si conferma un interlocutore fondamentale, sia che entri in una maggioranza tutta da immaginare sia che resti all’opposizione. Il grande defenestrato Widmann che fa solo un po’ di solletico. E infine una convivenza che per diverse ragioni scricchiola. Se una sorpresa è attesa, la si può comunque definire tale? La risposta è no. Ci si immaginava infatti da tempo che dalle urne uscisse un Alto Adige inedito. E così è stato. Dunque non stupisce l’ennesimo, importante calo della Svp - che resta comunque di gran lunga il partito più forte, col pallino in mano -, così come non sorprende il voto italiano. Con Fratelli d’Italia abbondantemente davanti ad un Pd che resiste e con una Lega in caduta libera alla faccia degli sforzi del capitano: Matteo Salvini negli ultimi tempi ha quasi preso la residenza da queste parti, ma solo un elettore su tre è rimasto sulla sua barca. E Forza Italia è prossima alla scomparsa. Nel mondo tedesco era previsto anche il botto di Anderlan e Südtiroler Freiheit, movimenti che hanno cercato di parlare in modo diverso alle nuove generazioni e a quei pezzi di popolazione che sembrano sempre più lontani dalla “vecchia” politica e anche da un’idea nobile e virtuosa del dialogo fra gruppi etnici.
Da oggi il presidente uscente Kompatscher dovrà fare il sarto, mettendo insieme pezzi fra loro anche molto diversi. In parte lo aiuta lo Statuto, che gli suggerisce di imbarcare da subito il partito italiano che ha preso più voti (Fratelli d’Italia), strizzando anche l’occhio alla presidente Meloni. Ma il Landeshauptmann, in quello che già s’annuncia come il suo ultimo mandato, potrebbe anche stupire tutti, pensando ad una maggioranza più organica (anche rispetto alle sue idee), con Verdi, Pd e magari anche con i civici. I numeri dicono infatti che un tandem non basterà: se si vuole navigare con qualche speranza di arrivare serenamente in porto fra cinque anni, serve allargare la giunta (che è facile immaginare fin d’ora assai più lunga di quella uscente) e serve coinvolgere almeno tre o quattro partiti. Per arrivare a 18 o più consiglieri il (ri)presidente - forte di un gruzzolo di voti ancora importante - potrebbe deludere proprio la Svp. Del resto, ieri il mondo è cambiato. E sarà necessario del tempo per smussare angoli interni ed esterni. Ma è impensabile un ritorno alle urne. Perché a guadagnarci sarebbe solo chi in giunta comunque non ci entrerà.