Il governo Bostik e le crisi di nervi
Più che una crisi di governo, è una crisi di nervi. E ai tecnici che puntano su maggioranze Ursula (pensando a quella che fece decollare il governo europeo della Von der Leyen) o che prospettano altre strane intese, va ricordato che il segreto è un altro: l’istinto di sopravvivenza. Il nome da attribuire all’intesa sulla quale molto probabilmente si reggerà il Paese sarà dunque un altro. Quello che nascerà andrà infatti chiamato governo Bostik: perché tutti gli attuali parlamentari auspicano di restare saldamente incollati alla poltrona. E non sembrano avere un disegno molto diverso i potenziali ministri: resistere, a qualunque prezzo. Va bene un rimpasto, a patto che sia piccolo piccolo.
Il presidente della Repubblica, per fortuna, ben conosce i nervi dei leader e il desiderio di non scomparire dei peones. E ha già estratto un coniglio dal cilindro: Roberto Fico. L’uomo che non ha il compito reale di formare un governo, ma quello di capire cosa potrebbe tenere ancora insieme chi, in queste settimane, ha fatto di tutto per arrivare al divorzio. Il presidente della Camera, però, potrebbe anche scoprire qualcosa di diverso, in questa “esplorazione”: che la vecchia/nuova maggioranza ha bisogno di un garante (lui medesimo?) più che di un... Conte. In Italia, come noto, non c’è nulla di più definitivo di ciò che è provvisorio.
Anche se l’uomo inizia a risultare ormai insopportabile ai più, un vincitore di tappa comunque c’è già: è Matteo Renzi. L’ex premier ha infatti evidenziato la debolezza di Conte: fragilità di cui tutti sottovoce parlavano sin dal primo giorno. Non contento, Renzi ha scombussolato l’agenda politica, uscendo dalla finestra per rientrare alla grande dal portone. Alla faccia di chi lo vedeva e voleva fuori per sempre. Un po’ come fece quando gli riuscì l’impresa di disarcionare Salvini senza far cadere Conte da un cavallo che cambiò invece colore come nulla fosse: da gialloverde e giallorosso in pochi giorni.
Quando il gioco si fa politico, come ben sanno gli ex democristiani accucciati nel Pd, emerge chi la politica la conosce ancora bene. Ma perché mettere a rischio un Paese per giochi e giochetti di questo tipo? Risposta politica: per rafforzare e puntellare un Conte che tirava solo a campare e per dare respiro a una legislatura nella quale si dovrà eleggere anche il nuovo (o il vecchio?) presidente della Repubblica. Risposta vera: per dimostrare che l’avvocato resta un avvocato e non uno statista o un vero politico e per riprendersi la scena, piazzando pezzi dei cerchi magici nei posti giusti. Della serie: Conte, lascia fare a noi.
Il prezzo del gioco, come pensa la maggioranza del Paese, potrebbe essere troppo alto, considerata la crisi in cui stiamo tutti affondando, ma potrebbe avere il merito di costringere governo e parlamento a ripartire da idee ed emergenze anziché dall’eterno istinto di sopravvivenza. Ancora una volta speriamo in San Sergio e nella sua capacità di costringere tutti (bulli molto inclusi) ad assumersi responsabilità concrete, giocando con la loro pelle e non con la nostra.