Guelfi, ghibellini e migranti
Guelfi e ghibellini. Ci dividiamo su tutto. Ma il bipolarismo ci sta stretto. Due poli o due schieramenti non ci bastano.
Non a caso troveremo sedici liste sulle schede, fra poco più di un mese, quando andremo a votare per rinnovare il consiglio provinciale. Difficile schierarsi di qua o di là. Evidentemente per rappresentare le idee di chi cambia idea in fretta - noi italiani, quasi tutti - non possono bastare pochi partiti. Non siamo mica americani o inglesi. La dispersione del voto rende talvolta le nostre scelte persino inutili, ma molti di noi - senza tutta questa scelta - forse si aggiungerebbero ai tanti che già da tempo hanno deciso di disertarle, le urne. Forse, ripeto. Perché alla politica non spetta il compito di intercettare i nostri voti (benché ultimamente sembra che partiti e movimenti si preoccupino solo di questo).
Spetta il compito di interpretare le nostre idee, di portare avanti i nostri valori, il nostro modo di guardare il mondo. Bellissima, in tal senso, la frase pronunciata da Pierfrancesco Favino presentando il «Comandante», film che ha aperto la mostra del cinema di Venezia: «Aiutare chi è in difficoltà, questo significa essere italiani». È forte, la lezione del comandante Salvatore Todaro, il "fascista umano", per usare la definizione di chi ha ricordato il militare che per aver salvato i naufraghi all'inizio della seconda guerra mondiale venne brutalmente criticato dagli alleati nazisti. Lui decise di salvare i nemici in mare. Uomini. Naufraghi. Non nemici, dunque.Spostando il dibattito in una città come Bolzano, che ha visto arrivare nelle ultime giornate mille nuovi migranti, si scopre che il tema non compare nella campagna elettorale. Ogni decisione è rinviata: se ne parla dopo il 22 ottobre.
Ma a fronte di numeri come questi, la politica deve non solo farsi domande, ma anche elaborare soluzioni. Guardando in faccia il tema dell'accoglienza e quello della sicurezza. Cercando risposte che non siano parcheggi di uomini, donne e bambini, ma soluzioni ad un'emergenza che non è più tale, visto che è quotidiana. La questione riguarda l'Europa e il mondo, ma queste persone sono già qui, lungo le nostre vie. E mentre noi - tenendoli in uno strano limbo - aspettiamo di capire chi abbia maturato dei diritti e chi dovrà tornarsene a casa, ci sono mercati paralleli fatti di delinquenza e di altro che cercano di intercettarli. E così finiremo a parlare solo di sicurezza, senza capire che - ormai in ogni contesto - abbiamo estremo bisogno di molte di queste persone.