Due donne al potere e i soliti pregiudizi



Dobbiamo farci una domanda, come società: siamo in grado - senza finire nel pantano dei soliti pregiudizi - di pesare, valutare, apprezzare, criticare e persino giudicare, se necessario, Giorgia Meloni come la leader del partito che ha vinto le elezioni e, ora, come presidente del consiglio, ed Elly Schlein come segretaria del principale partito d’opposizione? La domanda non deve sorprendere: perché continuo a leggere e sentire commenti su orecchini o giacche, sul modo di parlare o di porsi, persino sugli occhi, sul trucco, sulle scarpe, sulle scelte di vita e su molto altro che nulla ha a che fare con la politica, con i contenuti, con le idee, con i programmi, con le azioni di due donne che oggi - fatto a dir poco storico - sono le principali protagoniste della vita politica e istituzionale del nostro Paese. Non sento giudizi politici. Non vedo in giro molti ragionamenti analoghi a quelli che ho sentito - in tv, in radio, ma anche al bar - o letto - non solo sui social - su Letta o su Conte, su Renzi o su Mattarella. Per semplicità e senza andare lontano, mi guardo allo specchio: sono sovrappeso (pare che oggi non si possa nemmeno più dire grosso o grasso) e scarsamente dotato di capelli (anche pelato è diventato un’offesa) eppure nessuno, anche fra chi mi critica ferocemente, si è mai sognato di parlare del mio aspetto fisico o del mio modo di vestire, della mia famiglia o, in senso più generale, della mia dimensione privata. Se invece si parla di Meloni o di Schlein, di Boldrini o di molte altre donne che in diversi ambiti si sono affermate (facendo pensare, almeno per un secondo, a una sana evoluzione del Paese), il discorso si fa subito basso, personale, spesso feroce e volgare.

È possibile che nel 2023 si sia fermi ancora all’età della pietra per ciò che riguarda non solo la parità di genere, ma anche la parità di linguaggio, la parità di giudizio, la parità di trattamento, la parità di interpretazione? Non serve nemmeno che io risponda, immagino. Sapete bene - perché l’avete letto, sentito e forse qualche volta anche pensato - che fatichiamo, presi nel nostro complesso, a superare steccati che sono figli di una cultura (già chiamarla così sembra un’iperbole) piena di muffa, di antica retorica, di preconcetti, di cliché. Uno specialista di comunicazione pubblica e politica come Massimiliano Panarari parla di mostrificazione rispetto a certe derive del linguaggio ed è un tema che riguarda quasi unicamente le donne. Forse qualche domanda dobbiamo proprio farcela. Quasi tutti.













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