L'INTERVISTA

Luca Carboni: «La rete rende libera la musica» 

Lo Sputnik Tour fa tappa il 15 marzo all’Auditorium Santa Chiara di Trento nella sua veste teatrale. Il musicista bolognese promuove la “modernità”: «Major e case discografiche sono dinosauri»


Katja Casagranda


TRENTO. Dopo il successo del tour nei club arriva con la tappa trentina del tour teatrale questa sera, 15 marzo, il cantautore Luca Carboni. Questa sera in Auditorium Santa Chiara di Trento, alle ore 21, risuona la musica dello “Sputnik Tour” con cui Carboni presenta al pubblico le canzoni incluse nel disco omonimo. Carboni promette di arricchire la serata con una carrellata delle hit che lo hanno reso famoso. In attesa di ascoltarlo dal vivo, Carboni racconta il live e fa il punto sulla sua carriera e sul mondo musicale attuale.

Dalla dimensione club a quella teatrale, qual è l’emozione?

Molto intensa anche se credo che in fondo quella teatrale è solo un’evoluzione del live già rodato nei club. L’incontro con il pubblico fin qui è stato molto bello e quindi credo che altrettanto sia quell’atmosfera e complicità che si potrà attuare anche in teatro Cambia la scenografia in quanto abbiamo voluto arricchire la musica di una cornice visiva con immagini che sapranno amplificare l’emozione sonora.

Una domanda quasi scontata: cosa intende con quel titolo “Sputnik”?

La voglia di guardare avanti, raccontare il presente guardando al futuro. Mi racconto nei miei 35 anni di musica. Anni in cui è nata l’elettronica, i primi approcci con quella che è diventata la musica di oggi, ma che per noi rappresentava un avveniristico futuro. Parlo di New Wave, di un punto di vista che è rimasto dentro di me e che ho voluto far riemergere anche con i suoni. Allo stesso tempo quando venne lanciato lo Sputnik divenne un simbolo di futuro di possibilità, ma anche di viaggio. Così ho immaginato questo disco come un compagno di viaggio per me che lo ho firmato e per chi lo ascolta che fa questo viaggio assieme a me e la mia musica.

Insomma un ponte fra passato e futuro?

Quel ponte impalpabile di quel satellite che per primo venne lanciato nello spazio e che diede il via alle comunicazioni via satellite che poi è la base di tutti i traguardi raggiunti della comunicazione. Che spinge l’uomo a guardare oltre la terra su cui vive e alzare lo sguardo verso l’Universo.

Quindi il progresso come un bene, così come il mondo del web?

Credo che la nostra epoca abbia molte risorse e molte possibilità per i mezzi che offre, anche quelli legati alla rete e ai social. Dipende poi dall’uso che se ne fa. Ogni epoca ha il suo linguaggio e oggi si parla questo specifico linguaggio liquido. Io ho la fortuna di avere un figlio di 19 anni che mi tiene ben piantato in questo mondo fatto di chat, post, like e pieno di stimoli, Ciò che importa è filtrare l’esubero e non perdere il contatto con ciò che succede. La comunicazione veloce è un bene ma va sempre soppesata.

La forza o il limite di internet, con la quantità per esempio di stimoli che offre?

In un’epoca veloce non si può scindere la comunicazione dalla velocità. In un istante sei in ogni parte del mondo e questa forza non va sottovalutata. Ovvio poi si deve rimanere ben centrati e non farsi prendere da ossessioni.

Meglio oggi quindi, anche per la musica?

Direi proprio di si. Oggi chiunque può diventare imprenditore di se stesso e non dipendere dalle major o case discografiche che sono limitanti e non sono più al servizio della musica. Chi ha idee e fa la differenza non può non emergere nemmeno in una rete piena di pesci. Prima o poi ce la fa con il duro lavoro e caparbietà. Major talent e brand sono dinosauri a servizio di altro, non certo della musica e chi esce da un talent non fa musica ma è un prodotto da karaoke. La musica cantautorale c’è ed è viva più che mai, ne cito uno Calcutta o Cosmo per esempio, ma ce ne sono tanti nel sottobosco che hanno talento e cose da dire. Un mondo molto interessante che ha il suo seguito e prima o poi verrà allo scoperto. Insomma il cantautorato quello vero non è morto assolutamente. Loro ai talent non li vedrai mai, come non sarei andato io. Il cantautore non fa cover ma crede nella sua musica.

Lei oggi che strada avrebbe intrapreso?

Avrei fatto ascoltare la mia musica ovunque, in strada, nei club, in internet. Questa è la strada, il resto sono fuochi di paglia e vetrine per soubrette.













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