Diocesano Tridentino sempre più interattivo, aperto e multimediale
La direttrice Primerano: «L’apertura di Papa Francesco su molte tematiche consente di svilupparle a nostra volta»
Sarà una novità per Trento, per la sua offerta museale. Di quelle che solo apparentemente non c’entrano con la visione che si può avere di istituzioni di questo tipo, perché ormai la contaminazione, il mischiarsi dei linguaggi è nel Dna dei musei, o dovrebbe. E non può essere diversamente se si vuole mantenere, anche, il contatto con una realtà in perenne trasformazione ed evoluzione, che viaggia veloce come non mai. “La biblioteca vivente” è parte di un progetto, un suo tassello (in collaborazione con la Fondazione De Marchi, diverse associazioni che operano in carcere, docenti universitari), che al Museo Diocesano Tridentino di piazza Duomo a Trento ha preso il via già nel 2017 con una mostra, “Fratelli e sorelle. Racconti dal carcere” e una serie di incontri e laboratori. Un’attenzione, quindi, a quegli spezzoni di società spesso dimenticati, negletti, concretamente rinchiusi e invisibili.
«La novità sta nel fatto - riflette la direttrice della struttura museale di piazza Duomo, Domenica Primerano, che al Diocesano è entrata nell’89, ne è diventata vicedirettrice nel ’95 e direttrice nel 2004 - che qui al museo avremo degli ex carcerati, che hanno iniziato a partecipare al progetto quando erano detenuti, che racconteranno a singoli visitatori, lo volessero, vis-à-vis, la loro esperienza. Seduti uno di fronte all’altro, come in un libro, con un suo titolo, l’ex detenuto sfoglierà, raccontando al visitatore, le pagine della sua vita. Lo stesso si potrà fare con i parenti del detenuto oppure di una vittima di reato o un agente carcerario. E’ un progetto in itinere, stiamo definendo modalità e date di attuazione. In altre città, ad esempio Milano, ma non solo, è un progetto già avviato. Qui non ancora».
Come definirebbe il 2017 del Diocesano?
«Direi un anno di crescita. Accanto alle varie iniziative, diciamo tradizionali per un museo ecclesiastico come il nostro, abbiamo puntato su argomenti più difficili. Ad esempio con la mostra sul carcere, proprio perché si vuole dare una svolta a questo museo che sempre più deve occuparsi di temi “caldi”, sociali, attuali. Un altro esempio è la mostra fotografica sul velo, tutt’ora in corso. Sono convinta che, accanto alle proposte legate al nostro patrimonio, si debba ormai fare ricerca. Sono sfide che vanno affrontate».
Come si riesce a mettere insieme la tradizione cattolica, che è nel Dna di un museo ecclesiastico quale quello che lei dirige, e l’innovazione, con proposte fuori da certi schemi?
«Non è semplice perché siamo legati a una certa tipologia di proposta ma anche, e va detto, a un forte pregiudizio da parte del pubblico. Però anche noi, insieme agli altri musei diocesani a livello nazionale, stiamo cercando di uscire dagli schemi che ci vogliono difensori di un’idea e per cui statici. Non è questo che ormai si vuole e stiamo lavorando diversamente, trasversalmente, perché un museo ecclesiastico sia un luogo aperto al dialogo e all’ incontro tra chi in chiesa ci entra e chi no».
Aiuta il pontificato di Papa Francesco?
«Sicuramente sì. L’apertura di Papa Francesco su molte tematiche ci consente di svilupparle all’interno dei nostri musei».
Nel 2017, quanti i visitatori?
«Abbiamo aumentato gli ingressi al museo e diminuito quelli alla basilica paleocristiana in Duomo, per via dei lavori di restauro. Arriviamo intorno ai 49mila visitatori, in linea con il 2016. E anche l’attività didattica è andata più che bene con 14mila bambini portati dalle scuole. Per noi è un risultato molto significativo».
Su cosa punta il Diocesano per quest’anno?
«Le risorse economiche sono parecchio limitate. Sarà quindi un anno di piccole iniziative ma avremo un ripensamento generale del museo e della basilica paleocristiana. Soprattutto nel campo degli strumenti e dei sussidi didattici. Parlo di app e postazioni multimediali. In sintesi, un museo maggiormente interattivo con un coinvolgimento sempre più attivo del visitatore, anche in predisposizione delle mostre».
Un desiderio, museale?
«Se avessi le risorse economiche mi piacerebbe rivedere completamente il percorso museale che è ormai un po’ datato, scandito com’è dalla cronologia, mentre vorrei fossero introdotte delle sezioni tematiche, che sono ancora limitate».
Cosa le piace di più del museo che dirige?
«Che è legato strettamente alla mia vita. Anni fa ne ho curato il riallestimento. Mi sembra che porti bene i suoi anni».
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