Lucia Martinelli, la scienziata che vuole abbattere il divario di genere
La ricercatrice trentina studia al Muse i rapporti tra la scienza e la società. E’ inoltre presidente della “piattaforma europea delle donne scienziate” per sensibilizzare le istituzioni europee all’abbattimento degli stereotipi
TRENTO. Lucia Martinelli, già ricercatrice senior a FEM (1988 – 2011) dove ha fondato la ricerca sulle biotecnologie, al MUSE (dal 2011) studia i rapporti tra la scienza e la società. Laurea in scienza biologiche (Università di Bologna), Ph.D. in genetica agraria (Agricultural University of Wageningen, NL) e master in comunicazione e giornalismo scientifico (Università di Ferrara)
E’ presidente della “piattaforma europea delle donne scienziate”. Fa parte del gruppo di lavoro per l’eguaglianza di genere del G20 quest’anno a presidenza del Brasile. In questa veste farà parte della delegazione europea (EU) del “Women 20” che parteciperà al vertice.
Il 5 febbraio il gruppo di lavoro ”Women 20”(W”) si è incontrato on line per fissare le linee strategiche da portare al G20.
Dottoressa Martinelli quali sono le istanze delle donne scienziate europee in questo importante vertice emerse il 5 febbraio?
Siamo 75 partecipanti afferenti alle varie delegazioni: EU20 di cui faccio parte, e le altre 19 delegazioni dei vari paesi, tra cui la delegazione italiana. Le tematiche concordate quali prioritarie sono la riduzione delle disuguaglianze in tutti i loro aspetti, considerando in modo intersezionale “razza” (intesa come definizione sociale) ed etnia; i cambiamenti climatici, l’ambiente e la transizione ecologica; l’approccio multiculturale.
Lei ha lanciato la sfida di vivere bene e non a lungo e male, ci vuole spiegare questo concetto come lo vede svilupparsi nella vita di ciascuno di noi?
L’invecchiamento delle nostre società è un grande problema. La scienza potrà consentirci di sfuggire ad un ciclo biologico ‘a termine’? Può aiutarci ad evitare l’inesorabile decadimento che forse ci inquieta più della morte? Queste sono domande che ci preoccupano a livello personale e domande a cui la biologia intende dare riposte. Un buon invecchiamento non è semplicemente un fatto cronologico: riguarda la possibilità di preservare le funzionalità fisiche e mentali. Vivere a lungo e in buona salute è infatti un obiettivo prioritario della ricerca attuale.
Quali sono i principali temi all’attenzione della Piattaforma delle donne scienziate europee (EPWS)?
Tra i compiti principali di EPWS è rappresentare interessi, bisogni, preoccupazioni e aspirazioni delle scienziate nel dibattito che riguarda la scienza e l’innovazione a livello europeo. La missione principale è influenzare il processo decisionale riguardante le politiche della ricerca europea. EPWS, infatti, mediante lettere e documenti indirizzate alle istituzioni europee, ha contribuito a far inserire nelle politiche della ricerca attenzione alle questioni di genere.
Lei ritiene davvero che la scienza sia oggi super partes?
L’applicazione delle innovazioni sviluppate dalla scienza pone questioni che investono la società. Di conseguenza, le politiche della scienza influenzano la direzione della ricerca scientifica decidendo quali settori della ricerca finanziare oppure no. Alcune questioni scientifiche possono anche diventare oggetto di controversie riflettendosi nelle politiche adottate dai governi. Ad esempio, nelle decisioni sulla gestione della salute pubblica (lo abbiamo vissuto nel caso della recente pandemia COVID-19) e dell'ambiente e l'energia (lo stiamo vedendo nel caso del cambiamento climatico). Due casi storici in Italia: il referendum che ha bandito il nucleare e l’adozione di leggi specifiche che ha bloccato la ricerca nel settore degli OGM. Questo sta succedendo anche nel caso della ricerca in merito alla carne coltivata.
Un esempio è quello dell’intelligenza artificiale, che è diventata prepotentemente tema di attualità, quali sono i principali pericoli dietro l’angolo?
L’intelligenza artificiale è un settore che propone un interessante intreccio tra tecnologia e aspetti etici, sociali e legali. Esiste il rischio di trasmettere alle tecnologie basate sull’intelligenza artificiale gli stereotipi delle nostre società. Per quanto riguarda il genere, poiché nelle culture umane il genere è una categoria sociale primaria, c’è il rischio di rafforzare certe norme di genere considerate –secondo la cultura predominante - appropriate per le donne, gli uomini o le persone di genere diverso. Nella domotica, per esempio, preferiamo dare ordini a dispositivi con nomi femminili o maschili? E scegliendolo, quale rapporto riproponiamo con il dispositivo e quindi con la nostra idea di genere? La sfida è capire come il genere entri nei dispositivi tecnologici in modo da progettarli in modo che possano promuovere il superamento degli stereotipi invece di consolidarli.