Basket Serie A

Keaton Grant, il globetrotter del canestro

Il campione in redazione: "Non c'è un posto meglio dell'America, ma io voglio girare il mondo"


Maurizio Di Giangiacomo


TRENTO. Mister Grant, è alla sua quarta stagione nel Vecchio Continente. Sta diventando europeo?
Diciamo che sto imparando ad adeguarmi più facilmente alle situazioni che trovo in ogni Paese. Adesso non mi faccio più grossi problemi a chiedere informazioni, in giro per la città. Allo stesso modo, in campo non ho più paura di fare la figura dell’americano che sbaglia troppo o che è troppo egoista: se devo prendermi la responsabilità di un tiro, me la prendo e basta.

Il suo viaggio alla scoperta dell’Europa è cominciato in Repubblica Ceca. Com’è stata quell’esperienza?
(Abbassa lo sguardo e scuote la testa...) Diciamo che il problema non era certo il meteo, quanto calarsi nella realtà della città in cui vivevo, Levice, che peraltro è in Slovacchia, in un ambiente cestistico così poco sviluppato. Anche l’organizzazione della squadra era confusionaria: il mercoledì si giocava nel campionato slovacco, il sabato in quello ceco... Adesso apprezzo anche quell’esperienza, perché mi ha fatto crescere. Ma quelle zuppe...

Da questo punto di vista, sarà stato meglio l’anno dopo a Patrasso, in Grecia.
Sicuramente. È una città molto bella e il cibo è ottimo.

Gli effetti della crisi economica si avvertivano ancora?
Sì, c’erano un sacco di disoccupati. Mi ricordo la mia prima settimana. Sono uscito di casa alle 10.30 e ho visto che per le strade c’era un sacco di gente: poi mi hanno appunto spiegato che si trattava di coloro che avevano perso il lavoro. E nella seconda parte della stagione ho avvertito gli effetti della crisi ancora più concretamente, perché un paio di banche nelle quali avevo depositato i miei soldi sono fallite e non potevo prelevarli. E ho assistito anche ad alcune manifestazioni di protesta.

Dal “malato” al “medico”, la Germania.
E me ne sono accorto subito: le cose che in Grecia avevo atteso una settimana – la wi-fi, il conto in banca, etc. – in Germania le ho avute subito. Tutto era perfettamente organizzato, professionale, quasi come negli Stati Uniti. Quando mi hanno pagato quattro giorni prima della scadenza, ho telefonato subito ai miei ex compagni di squadra in Grecia: “Hey man, qui mi danno lo stipendio prima del tempo!”. Il primo argomento di conversazione, tra giocatori di basket americani, è: “Ti hanno pagato?”.

Scommettiamo però che in Germania il calore della Grecia le sia mancato, o no?
Certo, per la cultura e per il modo in cui le persone mi hanno fatto sentire la loro vicinanza, preferisco la Grecia. La famiglia che viveva sopra di me mi ha invitato subito al pranzo della domenica. Io ho rifiutato, perché per me la domenica è il giorno della famiglia. Ma poi hanno insistito così tanto che ho dovuto accettare: assieme a loro, mangiando e bevendo un buon bicchiere di vino, parlando, ho trascorso davvero dei bei momenti.

E adesso l’Italia: per lei è un punto d’arrivo o un punto di partenza?
Non posso risponderle, non so cosa mi riserverà il futuro. Non ha senso dire “questa è la mia destinazione”, bisogna sempre puntare un po’ più in alto.

Quattro anni tra Repubblica, Grecia, Germania e Italia. E quante ragazze?
Nemmeno uno, io sono fidanzato. Si chiama Tamara, verrà a trovarmi la prossima settimana.

E Trento? Le piace?
È una piccola città, ma è grande abbastanza. E i tifosi sono caldi. Quando li ho visti alle amichevoli ho pensato: qualcuno c’è. Poi ho visto quanti erano alla prima di campionato è ho pensato: be’, sono davvero tanti! Chissà cosa succederebbe se arrivassimo ai playoff?.

Appena arrivato le hanno fatto cucinare i canederli: le è piaciuto?
Lo avevo visto fare tante volte in tv, pensavo fosse difficile, specie di fronte a tutta quella gente, invece è stato davvero divertente. Adesso però faccio io una domanda ai trentini.

Prego.
Un posto da visitare, un piatto da mangiare qui in Trentino.

Ah, be’, casca bene: Malga Panna, sopra Moena: ristorante una stella Michelin, ci vada dopo che ha nevicato con Tamara, è un’esperienza che ricorderà. Lei abita assieme a Mitchell, Owens, Sanders, Forray e Pascolo alle Albere. Fate gruppo?
Vivendo vicini è inevitabile, ma ognuno ha i suoi spazi. Poi succede che se nessuno ha cucinato si vada anche a cena assieme. Adesso poi che mi è arrivata la Wii sono sempre tutti da me per giocare a Mario Kart...

Le elezioni di mid term hanno segnato la definitiva sconfitta di Barack Obama. Lei è uno degli americani delusi dal presidente?
In politica chi ha soldi ha potere e ha influenza. Negli Stati Uniti chi finanzia la campagna elettorale di un candidato gli fa un favore, prima o poi avrà il suo tornaconto. Queste sono le cose che mi hanno tolto la fiducia nella politica.

In uno Stato si è votato anche per limitare la vendita delle armi. Da americano, ritiene che detenere un’arma sia un diritto o un problema?
Le armi sono sicuramente un problema, specie in relazione alle sparatorie a scuola. Ma non un problema di leggi: anche se le abolissero domani mattina, in giro ce ne sono così tante...

Sembra quasi che gli Stati Uniti non le piacciano più.
No, al contrario. Non c’è un posto come gli Stati Uniti, ma io voglio girare il mondo.

Twitter: @mauridigiangiac

 













Scuola & Ricerca

In primo piano