Emozioni da Valanga Rosa e Azzurra
Claudia Giordani, Ninna Quario, Carletto Senoner e altri tra ricordi, slalom storico e solidarietà. Con qualche lacrima
VASON (TRENTO). Che splendida idea ha avuto Dody Nicolussi! Riunire sul Monte Bondone, prima attorno ad una festosta tavolata e poi in pista, Valanga Rosa e Valanga Azzurra. Il “numero zero” di “Sciatori d’epoca” è andato in scena nel weekend e, per quanto organizzato un po’ in fretta e quindi penalizzato da qualche defezione, è stato un successone. Perché basta appunto mettere assieme personaggi del calibro di Claudia Giordani e Carletto Senoner, Maria Rosa Quario e Oreste Peccedi, per riaprire il libro dei ricordi dello sci italiano. Un pezzo di Storia dello sport azzurro, sì, quella con la S maiuscola, per quanto fatta anche di piccole storie personali, aneddoti divertentissimi ma anche memorie dolorose.
Grazie alla collaborazione dell’Apt Trento Monte Bondone Valle dei Laghi della direttrice Elda Verones, sabato sera si sono ritrovati appunto Claudia Giordani, "Ninna" Quario, Wilma Gatta, Giustina Demetz, Carletto Senoner, Piera Macchi, Paola Hofer, Thea Gamper, Clotilde Fasolis e Oreste Peccedi.
Aneddoti divertenti, dicevamo. Come quello raccontato dalla Fasolis, giovanissima portabandiera azzurra alle Olimpiadi di Grenoble ’68. «Sono arrivata in Nazionale a 14 anni, a Grenoble ne avevo 16. Giustina (Demetz, ndr) era la mia “mamma”, la seguivo da tutti i punti di vista – ha raccontato – Un giorno, per studiarne la linea in discesa libera, lo feci così da vicino che, quando lei si fermò per riguardare un curvone, rischiai di travolgerla. Me ne disse di tutti i colori».
Spassosissimo anche l’intervento dell’allenatore della Valanga Azzurra Oreste Peccedi. «In discesa libera a Wengen Thöni prendeva 5 secondi da Duvillard. Io conoscevo il francese e gli chiesi di prestarmi un paio dei suoi sci. Coprii la livrea con degli adesivi, li diedi a Gustavo e lui ritoccò il suo tempo di 3 secondi e mezzo. Ma fummo scoperti e scoppiò il casino che costò il posto a Vuarnet. Cercai d’assumermi tutte le colpe, ma non cambiò nulla». E ancora: «Vidi Claudia (Giordani) fare slalom e dissi: è un cannibale. La feci scendere assieme a Gustavo e Pierino (Gros, ndr) e li filmai. Nel pomeriggio le feci vedere le riprese e lei si mise a piangere. “Vieni ad allenarti con loro”, le dissi: lei lo fece e vinse la medaglia alle Olimpiadi».
Risate, ma anche lacrime. Quelle di commozione delle “ragazze” della Valanga Rosa che si sono ritrovate dopo tanti anni. E quelle di Piera Macchi, che si chiede ancora oggi perché dovette lasciare la Nazionale a 25 anni. «Ero ancora nelle primi quindici del mondo e fui chiaramente boicottata – ha rivelato, con i lucciconi – Fu un colpo terribile, seppi reagire, ma oggi, quando vedo atleti che gareggiano a 38 anni, sto ancora male». Toccanti anche le testimonianze di Paola Hofer («quelli con le ragazze sono stati gli anni più belli della mia vita») e Thea Gamper: «Io arrivavo dalla Val d'Ultimo, non parlavo nemmeno una parola d’italiano, la Valanga Azzurra per me è stata l’occasione per aprirmi al mondo e vivere un’esistenza bellissima». «Io ero solo la gregaria – ha commentato Gatta – Claudia vinceva, io arrivavo nelle prime dieci, ma ritrovarle qui oggi è un grande piacere».
Anche se il raduno organizzato da Dody Nicolussi assieme a Michele Battaglin (che ha portato sul Bondone un gruppetto di appassionati dei cosiddetti “sci dritti”) non era l’occasione per fare pesare il medagliere personale, inevitabile che i riflettori fossero puntati su Claudia Giordani, Maria Rosa Quario e Carletto Senoner. «Cominciai a sciare a 10 anni, a Bardonecchia, dopo una malattia infettiva. Scoprì la neve per caso, ma fu la fortuna della mia vita – ha detto Claudia – Più che la medaglia olimpica e gli altri successi, di quegli anni mi è rimasta la felicità e la passione per lo sport». «Ho mancato una medaglia olimpica per 3 centesimi, ma quel giorno ero comunque la persona più felice del mondo - ha detto invece “Ninna” - anche se fu una giornata amara per la Valanga Rosa». «All’Abetone mi ruppi tutte e due le gambe – ha raccontato Senoner – Quando guarii, la Federazione mi mandò alla visita di controllo a Milano e il medico decretò la mia invalidità. Tornai a Selva e ne parlai con il dottor Delago: disse che il suo collega era impazzito. Ripresi gli allenamenti, passai una seconda visita di controllo a Torino e vinsi la medaglia d’oro di Portillo... da invalido».
Domenica, poi, tutti sul Canalon Palon. Gli azzurri hanno fatto da prestigiosi apripista ad uno slalom storico, con tanta gente ad applaudire. Gran finale con premiazione e asta di sci e materiali storici: l’intento era quello di raccogliere fondi per le popolazioni colpite da sisma e nevicate eccezionali nel Centro Italia.
Twitter: @mauridigiangiac
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