Chesani: «Vi racconto come ho fatto il record»

Atletica. Parla il neo primatista italiano del salto in alto: «Il pubblico è rimasto in silenzio e ho preso la rincorsa senza pensare a nulla. Ora voglio restare in alto»


di Marco Marangoni


TRENTO. Le meteoriti non viaggiano incontrollate solo nei cieli della Siberia ma volano con una destinazione ben precisa anche nei cieli d’Italia. Si chiama ‘la meteorite dell’atletica leggera italiana’ ed è decollata da Ancona. Uno dei suoi pezzetti, ma molto pesanti e consistenti da far riservare un posto nella storia, porta il nome di Silvano Chesani. È schizzato in aria con una semplicità impressionante, ha superato una quota che nel salto in alto significa far parte del gotha internazionale della specialità, 2 metri e 33 centimetri. È atterrato sui materassi del Palais Marche del capoluogo marchigiano osservando l’asticella ancora bella ferma sui ritti. Immediatamente ha realizzato quanto di storico aveva fatto e poi ha alzato le braccia al cielo. “Se devo essere sincero ero consapevole di aver nelle gambe e nella testa questa misura. Recentemente al meeting di Banska Bystrica avevo mancato i 2,32 di pochissimo”, confessa Silvano che da ragazzino stava intraprendendo la carriera nell’hockey su ghiaccio. Nel mondo del salto in alto si parla solo di numeri, ‘28’, ‘30’, ’31’, ’32’. Sono i centimetri da saltare o saltati perché chi può colloquiare in questo modo i due metri li salta ad occhi chiusi. Il volo a 2,33 lo ha fatto volare nella storia della nostra atletica perché ha eguagliato uno dei primati nazionali più longevi, quello del ferrarese Marcello Benvenuti che il 12 settembre del 1989 a Verona su pedana all’aperto migliorò, a sua volta, il 2,32 di Luca Toso. L’alto al maschile negli ultimi anni aveva fornito diversi buoni atleti, ma la specialità era considerata ‘stagnante’. Ed ecco a ravvivarla che è arrivato un ragazzo alto 191 centimetri (quindi con differenziale di 42 centimetri) nato e cresciuto a Bosentino. - Lei ha detto che può ancora salire, ci dica fino a dove ? “Credo che posso arrivare fino a 2,35-2,36, di più non voglio dire che è impossibile ma serve una gara perfetta sotto ogni punto di vista. Premettendo che non mi riguardo molto spesso se non esclusivamente per motivi tecnici, riguardando velocemente il video del salto di Ancona posso sostenere che i 2,35 ci stavano – ammette Chesani che prima di approdare alle Fiamme Oro ha militato nell’Atletica Clarina di Trento -. Adesso l’importante e mantenersi su queste misure. Agli Europei di Göteborg non sarà facile. Per superare le qualificazioni serviranno almeno 2,28 o 2,30 mentre il giorno in finale bisognerà salire ancora”. - Cosa ha pensato quando ha visto l’asticella a 2,33 ? “Non ho pensato quasi a niente, speravo di farlo. Ho preferito il silenzio del pubblico perché a volte capita che parte la clap (battere le mani a ritmo, ndr). Personalmente trovo l’incitamento scandito come ultima risorsa per l’atleta, a volte è meglio il silenzio perché resti più concentrato”. - Quanto conta il differenziale ? “Secondo me non conta o comunque molto poco. Stefan Holm è colui che aveva maggior differenza tra altezza e misura saltata. Lui era alto 1,81 ed era riuscito a superare i 2,40”. - Qual è il segreto nel salto in alto ? “Forza di base e piedi anche se è molto importante avere grande capacità di reagire il più veloce possibile”. - A chi dedica questo record italiano eguagliato ? “Al mio allenatore Giuliano Corradi che in tutti questi anni ha avuto tanti atleti bravi che si sono attestati sui 2,30 ma nessuno era riuscito a fare il record italiano. Per lui sembra fosse un tabù”. - Quanta rabbia a avuto quando si è visto escludere dalla convocazione per le Olimpiadi di Londra ? “… eh tanta. Premettendo che avrei potuto fare meglio nei mesi successivi il 2,31 fatto agli Italiani indoor, sono rimasto fuori perché non avevo riconfermato la misura e per inefficienza fisica. Hanno optato per questa scelta, si sono impuntati – ricorda Silvano -. Avevo lasciato per due mesi, mi sono disintossicato e poi ho ripreso ad allenarmi con molta tranquillità. Devo dire che il lavoro fatto paga sempre, questa ne è la dimostrazione. La federazione di adesso è tutta un’altra cosa”. Silvano Chesani non è l’unico atleta del Trentino Alto Adige che il primo fine settimana di marzo (1-3) sarà impegnato allo ‘Scandinavium’ di Göteborg. Per la spedizione in Svezia partiranno ben 44 atleti azzurri in quella che è la formazione italiana più numerosa mai convocata per una edizione della rassegna al di fuori dei confini nazionali (nel 1992 a Genova furono in 49 ma c’era anche la marcia). In gara ci saranno anche la ‘gazzella di Casateia’ Silvia Weissteiner (Forestale) sui 3000 metri e il trentino Giordano Benedetti (Fiamme Gialle) sugli 800. Non è ne trentino ne altoatesino ma Paolo Dal Molin è il quarto ‘regionale’ perché è tesserato per l’Athletic Club ’96 di Bolzano.













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