«Basta chiacchiere social ho solo una gran voglia di salire in bici e correre»
Sguardo in avanti. «Come diceva qualcuno: con la parole non si spostano di certo le biciclette»
Trento. Come foto profilo di Whatsapp, Gianni Moscon non ha biciclette o immagini di gara. Il corridore noneso è immortalato mentre si prende cura dei meleti di famiglia, sotto gli occhi attenti di papà Bruno.
Il 26enne professionista del Team Ineos, che ha un diploma di perito agrario conseguito all’Istituto di San Michele all’Adige, ha trascorso gran parte del periodo di lockdown nei campi. «Ho anche ridato vita a un vecchio trattore a tre ruote di mio nonno» racconta Moscon, che a inizio maggio è tornato a pedalare su strada. Per lui niente Grandi Giri quest’anno: il grande obiettivo del 2020 sono le classiche del Nord, in ottobre. E lasciarsi alle spalle i chiacchierati episodi delle ultime stagioni.
Come ha vissuto il lungo periodo di lockdown?
Credo sia stato difficile per tutti, ma ha avuto anche dei lati positivi. Per me è stato così.
Ad esempio?
Da un paio d’anni vivo a Innsbruck, ma il periodo di quarantena l’ho trascorso in Val di Non. Ero tornato a casa dai miei genitori perché dovevo partecipare alla Strade Bianche. Poi hanno cancellato la corsa e a quel punto ho preferito non muovermi. Mi sono goduto la famiglia, cosa che non riuscivo a fare da tempo, visto che noi corridori siamo sempre in giro. Tra qualche giorno tornerò in Austria.
Ne ha approfittato anche per dare una mano a papà, che ha un’azienda agricola.
Nel mio caso non si può nemmeno parlare di lockdown. Ho trascorso quel periodo nei campi, a lavorare all’aria aperta. Quando abbandonerò il ciclismo, voglio dedicarmi a quello. O anche a quello.
Non sono passati inosservati i suoi video pubblicati sui social, a bordo del trattore.
È una passione che ho fin da piccolo. Ho approfittato del lockdown anche per mettere in moto un vecchio trattore di mio nonno. Un cimelio a tre ruote degli anni Cinquanta. Non lo useremo più, ma volevo ridargli vita. C’è un legame affettivo con quel trattore.
Ma è pure meccanico?
Quel che serve per curare la manutenzione dei mezzi aziendali. Ad oggi l’elettronica rende tutto molto più facile, ma una minima base la ho.
Moscon ha lavorato in campagna e, al pari dei suoi colleghi, si è allenato in casa. Che rapporto ha con i rulli?
Non molto buono, ma penso sia così per tutti i ciclisti, anche se le nuove tecnologie e i simulatori li hanno resi un po’ meno pesanti. Le corse inizieranno ad agosto, non era fondamentale pedalare tutti i giorni. La vera preparazione inizia adesso.
Come si è allenato?
Non ho fatto sessioni da 3, 4, 5 ore, come ho visto fare a molti. Ho pedalato sui rulli in media tre volte alla settimana, per un’ora, massimo due a seduta. Non ho esagerato e, con il senno di poi, sono contento della mia scelta. Ora mi sto allenando con più intensità e la condizione sta già arrivando.
Dal 4 maggio si è tornati a pedalare su strada. Una liberazione immaginiamo.
Sto facendo un sacco di salite, alcune nuove per me. Venerdì scorso ho affrontato il Passo Durone per la prima volta in vita mia.
Quale sarà la sua prima corsa dopo lo stop per l’emergenza sanitaria?
Dovrei riprendere con le Strade Bianche, il primo agosto.
Farà anche qualche grande gara a tappe?
Né Tour de France, né Giro d’Italia. Punterò alle classiche di ottobre, il mio grande obiettivo è quello. Sono in concomitanza con la corsa rosa, quindi la scelta è obbligata. Anche il Tour termina a ridosso di quello che per me sarà il periodo clou. Non potrei pensare di affrontarlo con l’obiettivo di risparmiare la gamba. Il Team Ineos parte per vincerlo e chi farà parte della squadra dovrà dare tutto per contribuire alla causa.
Qualche breve corsa a tappe, però, potrebbe servire.
Potrei partecipare alla Tirreno-Adriatico in settembre. La squadra sarà composta in primis dai corridori che poi affronteranno il Giro d’Italia, ma potrebbe aprirsi uno spazio anche per me.
Il Team Ineos ha in programma qualche ritiro in altura?
Se ne è parlato. Io non sono mai stato un grande amante dei ritiri. Probabilmente ne farò qualcuno con un paio di compagni di squadra nella zona del Tirolo e delle Dolomiti, vicino a casa mia, seguendo le indicazioni del mio preparatore. Faccio spesso così e penso sia la soluzione migliore. Si è in compagnia, ma in un gruppo ristretto. Si lavora bene.
La sua stagione era iniziata già a fine gennaio, con un buon undicesimo posto nella classifica generale della Volta a La Comunitat Valenciana. L’ultima corsa prima dello stop è stata la Kuurne-Bruxelles-Kuurne, dove è stato squalificato per aver lanciato la bici di un compagno di gruppo (Debusschere, ndr) dopo una caduta. In molti hanno puntato il dito contro di lei, in alcuni casi con toni tutt’altro che benevoli.
Credo che tutti abbiano visto cosa è successo. Sono stato espulso dalla corsa, più o meno giustamente. E non vorrei aggiungere altro. Voglio pensare solo a pedalare, ad andare forte. Ognuno ha la propria opinione, come è normale e giusto che sia, ma molti si permettono di giudicare: non solo i comportamenti, ma la persona. Anche i media tendono ad amplificare certe situazioni, che se fossero capitate ad altri probabilmente sarebbero state trattate in maniera differente.
Precedentemente, nel 2017, c’era stato l’episodio degli insulti razzisti a Kevin Reza, poi l’espulsione dal Tour de France nel 2018 per un gesto di reazione nei confronti del corridore francese Gesbert.
Con Reza mi ero chiarito, fu un suo compagno di squadra a sollevare un polverone. L’episodio del Tour è documentato da un video.
Pensa ci sia stato accanimento nei suoi confronti?
Penso di sì. Forse perché corro per una squadra forte come il Team Ineos. Al tempo dei fatti ero un giovane, alle prime esperienze tra i professionisti. Un bersaglio facile. Vorrei invitarvi a fare un esperimento sociale: provate a uscire in strada con una Porsche e a fare attenzione a come vi osservano le persone, alle loro reazioni. Poi uscite con una utilitaria e vedrete che, pur facendo le stesse cose, nessuno farà caso a voi.
Alcuni hanno esagerato con i toni nei loro commenti ai fatti accaduti, in primis sui social.
A me non verrebbe nemmeno in mente di scrivere un commento negativo o un insulto su un social network. Tanti, invece, si permettono di giudicare e magari sono i primi ad avere un certo tipo di comportamento. Ma non ne voglio più parlare. Voglio solo pensare ad allenarmi e a correre. Voglio far parlare la strada. Voglio far parlare di me come un ciclista. Perché, come diceva qualcuno, con le chiacchiere non si spostano bici.
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