È arcense acquisito Ghisolfi, nuova star del climbing azzurro
Secondo nella Coppa del Mondo della specialità Lead, il torinese si è trasferito per coronare la sua passione
ARCO. Si chiude un 2017 davvero speciale per il climber torinese Stefano Ghisolfi, tesserato per le fiamme Oro Moena e residente ad Arco. L’atleta classe 1993, oltre alla vittoria nella seconda tappa della Coppa Italia di combinata olimpica, ha infatti ottenuto uno strepitoso secondo posto all’ultima Coppa del Mondo di arrampicata nella specialità Lead (categoria in cui gli atleti devono seguire un percorso stabilito che aumenta progressivamente di difficoltà, arrivando più in alto possibile), alle spalle del francese Desgranges e davanti al giapponese Korenaga.
Stefano, innanzitutto complimenti per il risultato che ha ottenuto, si ritiene soddisfatto del tuo piazzamento o poteva puntare al gradino più alto del podio?
«Grazie. Senza dubbio sono molto contento del mio secondo posto, anche se a volte è quasi meglio arrivare terzi perché da secondo classificato hai spesso il dubbio che mancasse poco per arrivare primi».
Ed è stato effettivamente così?
«In realtà a Kranj (cittadina slovena in cui s’è svolta l’ultima tappa del campionato lo scorso 11 novembre, ndr), sarebbe dovuto accadere un mezzo miracolo. L’atleta francese infatti aveva un vantaggio consistente in classifica generale e per poterlo superare avrei dovuto vincere la tappa e lui contemporaneamente sarebbe dovuto arrivare diciannovesimo. Così non è stato, visto che io ho ottenuto il quinto piazzamento, mentre lui è arrivato nono, ma perlomeno ho difeso il secondo posto in graduatoria».
Ha notato qualche particolare tecnica o abilità che ha consentito al suo avversario di vincere il campionato mondiale?
«Una cosa che lo ha contraddistinto e che lo ha sicuramente portato alla vittoria è stata la grande costanza nei risultati, o meglio il suo costante miglioramento sia nel corso degli anni che durante quest’ultima competizione. Verso la fine della stagione, comunque, nelle tappe svoltesi in Cina in ottobre, aveva subito un calo di rendimento che mi aveva fatto sperare un recupero in extremis, ma alla fine ha gestito bene il vantaggio accumulato in precedenza».
Tornando indietro nella sua esperienza sportiva, ricorda in quale occasione è entrato in contatto con l’arrampicata?
« Allora, da piccolo a Torino, come primo sport ho iniziato ad andare in mountain bike, seguendo le orme di mio padre. Dopo alcuni anni di pratica, iniziai a gareggiare ed ad undici anni proprio in occasione di una gara in Val d’Aosta conobbi quello che sarebbe diventato il mio sport, grazie a degli amici che mi invitarono a provare a scalare una parete artificiale».
E invece quando è avvenuto il suo primo incontro con Arco?
«Dopo aver provato la mia prima parete, restai fulminato da quello sport e tornato a Torino mi iscrissi ad una società d’arrampicata a Torino. Anche qui dopo un po’ di allenamento cominciai le mie prime gare ottenendo i primi risultati. All’età di 12 anni mi recai ad Arco per i campionati italiani. Appena arrivato mi piacque subito la città ma soprattutto mi innamorai subito della struttura di arrampicata. A Torino e nel resto di Italia avevo sempre scalato in palazzetti al chiuso: per questo motivo la parete all’aperto di Arco, in mezzo alle rocce, mi colpì molto. Sono tornato varie volte ad Arco, per disputarvi altre competizioni tra cui i Mondiali del 2011 in cui ho ottenuto un ventisettesimo posto finale, ed ogni volta che tornavo mi innamoravo sempre di più di questa città dal clima mite e dalla vita tranquilla».
E così ha deciso di compiere il grande passo: il trasferimento nella città in cui tanto le piaceva gareggiare.
«È stata una scelta presa di comune accordo con la mia ragazza Sara Grippo, anche lei scalatrice, dal momento che avevamo il desiderio comune di trasferirci ad Arco. Finita l’università, nell’estate 2016 sono arrivato ad Arco per il Rock Master e con l’occasione ho iniziato a cercare casa. Una volta sistemata ogni cosa, ho lasciato Torino e dal novembre dello stesso anno ho iniziato a vivere nella città dei miei sogni».
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