Rifugio distrutto dalla valanga «Basta col cemento in quota» 

La polemica. Il gestore Trevisan: «Ricostruzioni fantasiose della dinamica, la neve ha investito l’edificio da sopra, e ora c’è chi parla di nuovi impianti fino al rifugio Ghiacciaio Marmolada»



Trento. «È sconfortante vedere come, anche in seguito a una valanga catastrofica come quella che ha interessato la Marmolada nelle scorse settimane, ci siano imprenditori pronti a girare le carte in tavola, senza rispetto per l’ambiente e i suoi avvertimenti. La recente ricostruzione del fenomeno valanghivo - fornita alla conferenza stampa organizzata dalla società Funivia Fedaia Marmolada e riportata sul Trentino del 24 dicembre - dà un’interpretazione per me fantasiosa della dinamica della slavina che si è abbattuta in maniera devastante sul mio rifugio». È dura la posizione di Guido Trevisan, titolare con altri tre soci del Rifugio Pian dei Fiacconi sul versante Nord della Marmolada travolto ai primi di dicembre da un’enorme valanga, sugli approfondimenti forniti nei giorni scorsi (pubblicati su www.valanghe.report) in merito all’“eccezionale” distacco nevoso.

Trevisan giudica inesatte le dinamiche proposte, delle componenti radente e polverosa della valanga, e precisa: «Il tipo di distruzione, che si può verificare, è tipica di una gran massa di neve che ha investito il rifugio colpendolo da sopra, cioè una valanga che ha scavalcato il colle sovrastante che gli ha fatto da trampolino e non è riuscito a fermarla».

Il rifugista non risparmia critiche alle intenzioni dei fratelli Mahlknecht, proprietari della storica cestovia del Fedaia (dismessa a settembre 2019), di sostenere il progetto di un nuovo impianto (presentato a ottobre 2019 in Provincia e in Comune a Canazei) sulla linea esistente ma con arrivo, anziché a Pian dei Fiacconi, ai 2700 metri del dosso del Rifugio Ghiacciaio Marmolada. «Basta visionare la carta di sintesi della pericolosità del territorio provinciale in vigore dal 2 ottobre 2020, per verificare come tutta la zona di Pian dei Fiacconi sia considerata zona rossa a pericolosità massima. Infatti, nel 2017, per effettuare un ampliamento del rifugio mi è stata data la prescrizione di costruire un vomere di cemento armato davanti alla parte nuova, perché era possibile una slavina che scendesse da tutto il fronte della Marmolada». La distruzione del rifugio innesca, ora, diverse considerazioni: «Questa valanga - insiste Trevisan - ha spazzato via i miei ultimi vent’anni di lavoro e sacrifici. Nonostante questo, da giorni mi interrogo su cosa sia giusto fare, con la consapevolezza che la natura è maestra e che non si possa prescindere dai suoi segnali. L'unica mia certezza è che non si possa costruire più forte, più grande e con più cemento per poi lasciare più rifiuti ai nostri figli. La risposta non può essere sfruttare ancora una volta la montagna. C'è bisogno di una svolta per la tutela del territorio». Nonostante il momento di incertezza, Trevisan non esclude un’eventuale ricostruzione del rifugio in luogo diverso dal pericoloso Pian dei Fiacconi. «Da anni - spiega - promuovo la sostenibilità della montagna, per questo auspico l’istituzione di un tavolo tecnico e politico per valutare se e dove ricostruire sul versante Nord della Marmolada, con una possibile concessione in un luogo sicuro per vivere e fare turismo». E.S.

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