Luca Panizza, allevatore d’alta quota: "Vivo con la paura dell'orso"
Stalla a Vermiglio, alpeggi a Malga Beriana e sul Tonale. «Nei nostri formaggi c’è il profumo della montagna»
VERMIGLIO. Le nostre storie settimanali ci portano a evidenziare spesso delle realtà che lasciano a bocca aperta. Com’è il caso che raccontiamo questa settimana. Si tratta della storia di un giovane imprenditore agricolo di 26 anni che ha scelto fin da bambino, grazie all’esempio del nonno, di fare l’allevatore, ma l’allevatore in una realtà estrema a 1260 metri di altezza, a Vermiglio. Una realtà, precisa subito il giovane Luca Panizza, che vive con l’incubo dell’orso. «Ogni mattina quando mi alzo - ci racconta - temo sempre di trovarmi davanti un plantigrado e la prima cosa che controllo è quella di vedere se gli animali ci sono tutti».
Ma perché questa scelta? «Sono stati i nonni Diodato e Martina a trasmettermi una grande passione per l’allevamento e per la monticazione. E pensi che il nonno, nonostante le sue 85 primavere, è in stalla tutti i giorni, ad accudire le sue 14 capre. Sono entrato in azienda fin da bambino, e a tempo pieno appena conseguito il diploma alla FEM».
Ma ecco le dimensioni e l’organizzazione dell’azienda di Panizza.
Siamo davanti a un’azienda di vacche da latte con 30-35 vacche in lattazione, più altrettante fra vitelle e manze per la rimonta. L’azienda ha una superficie di prati falciabili di una quarantina di ettari, in parte si falciano tre volte, altri due ed altri ancora, quelli più in quota, una sola volta. Già dalla prossima settimana, neve permettendo, tutti i capi in allevamento, saranno monticati sulla malga Beriana, mentre le vacche da latte verso fine mese- primi di giugno, saranno monticate sulla malga al Passo del Tonale. Buona anche la resa media per capo che è di 75 quintali a lattazione, ma dipende molto da quando avviene il parto, se è vicino al periodo della monticazione ovviamente la resa a lattazione è inferiore.
«Il nostro foraggio - spiega Panizza - è molto buono: ricco di profumi e aromi che passano nel latte e nei formaggi. Certo, questo fieno ha dei costi di produzione molto più alti di quelli della pianura e la falciatura è spesso moto impegnativa. Abbiamo introdotto la tecnica della risemina dei prati per migliorare la flora sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo».
E dopo la preoccupante siccità dei primi 4 mesi dell’anno, le piogge di maggio hanno creato le condizioni per una buona fienagione, almeno il primo taglio che è il più importante.
Uno dei principali obiettivi di Panizza è quello del benessere animale. «Questo - ricorda - ci ha permesso anche nell’ultimo anno, di avere un solo vitello morto su 35 nati in azienda».
Ma ribadisce: «La nostra preoccupazione maggiore e costante è quella degli orsi e dei lupi».
Allargando lo sguardo all’Europa, da giovane sindacalista, constata amaramente: «L’Europa non è molto amica delle stalle di montagna. Da una parte concede dei piccoli interventi, peraltro comunque importanti, e dall’altra con le nuove norme sul benessere animale ci penalizza. Si ha l’impressione che i grandi decisori europei non siano affatto preoccupati del fatto che questa linea porterà alla chiusura delle stalle di montagna, anzi, sembra che vi sia la volontà di privilegiare sempre le grandi aziende zootecniche di pianura».
«Un altro problema che io vedo - prosegue Luca - è quello che non riusciamo a far passare le ragioni del perché il nostro formaggio costa di più: i profumi e i sapori dei nostri formaggi non hanno nulla a che vedere con quelli ottenuti dal latte delle grandi stalle. Certo, i costi di produzione nostri, cominciando da quelli del foraggio, sono maggiori e di molto rispetto a quelli della pianura».
E le prospettive? «Sembra che il futuro stia nella mungitura robotizzata, anche perché questo ci porterebbe ad avere molto più tempo per le altre attività. Punto anche ad aumentare il numero dei capi e la resa produttiva per capo, l’esperienza mi insegna - afferma - che basta poco per ottenere una resa migliore. Ovviamente, ho anche un sogno nel cassetto: quello che la zootecnia di montagna come la nostra sia sostenuta anche per l’importante contributo che dà alla conservazione dell’ambiente e del territorio montano e così dell’importante settore turistico».
A fronte di una vita così impegnativa è pentito della scelta? «Assolutamente no, ma ho un rammarico, quello di non vedere adeguatamente riconosciuto il nostro lavoro. Questo, anche perché siamo in prima linea nella gestione del territorio particolarmente con le nostre malghe». E qui torna a ripetere la sua preoccuapzione: «Il problema maggiore è quello degli orsi e dei lupi».
Con la sua sensibilità ambientale ha mai pensato a trasformare l’azienda in biologica? «Sì ci avevo pensato, ma il gioco non vale la candela, poi il nostro latte prodotto sopra i 1000 metri è di fatto biologico. D’altro canto, anche il prezzo pagato dal caseificio sociale lo dimostra: 0.79 euro al chilo».
Luca è impegnato sia nel Cda del Caseificio che nel Comitato Provinciale Giovanimpresa di Coldiretti, che nello Junior Club degli allevatori. «L’inverno - ci confida con un sospiro - grazie alla presenza di papà in azienda riesco a farmi anche qualche bella sciata». Sentimentalmente è legato a Rebecca che la scorsa settimana ha partorito la loro bambina.