Federcoop in ritardo e senza guida
Oggi l’assemblea, in ottobre l’elezione del presidente. Manca una linea strategica, bilancio e personale da ristrutturare
TRENTO. Da vent’anni almeno Via Segantini ha registrato risultati in crescita, valori positivi, espansione. Oggi l’assemblea ordinaria della Federazione della cooperazione potrà illudersi, se vorrà, che nulla è cambiato, ma -al di là dei numeri del bilancio- così non è. La lunga epoca caratterizzata dagli undici anni della presidenza Angeli e dai dodici di Schelfi è finita. E non sono la successiva breve coda e le dimissioni di Fracalossi, né l’emergere del disagio con Geremia Gios che colpiscono, quanto la sensazione che in Via Segantini non si sappia cosa fare.
Il consiglio d’amministrazione guidato dalla vicaria Marina Castaldo ha già stabilito, da qui all’elezione del presidente il 14 ottobre, un percorso fatto di consultazioni per elaborare un “programma condiviso” ed un candidato, meglio se più d’uno. Quattro mesi basteranno per recuperare il ritardo ed una riflessione che, forse, avrebbe dovuto iniziare nel 2012 con la quarta presidenza Schelfi? Lo si può sperare, ma dubitarne è lecito.
I segni, del resto, non erano mancati già con le prime difficoltà della crisi. Il rallentamento dei fatturati aveva prodotto tensioni senza, però, indurre a ripensare ruolo ed obiettivi dell’impresa cooperativa (il suo fine ultimo è il fatturato o il servizio reso?), né immaginare nuove modalità di partecipazione -effettiva, non di facciata- dei 280 mila soci delle oltre 500 imprese. Per non parlare dell’adeguata formazione degli oltre 4.700 tra amministratori e sindaci. O meglio, si è molto chiacchierato del mondo che è cambiato, che nulla sarà come prima, che il socio e la partecipazione sono al centro, senza che le parole divenissero azione.
Così si è giunti all’assemblea di oggi: con un programma da costruire, con un presidente da eleggere, con la Federazione priva di indirizzo e, per non farsi mancare niente, alla vigilia della drastica ristrutturazione che seguirà la costituzione della holding delle Bcc, con relativo accentramento delle funzioni bancarie oggi svolte dalla Federazione. Ad aspettare troppo, insomma, i “guai” sono capitati tutti in una volta. Ma non è detto che lo scossone, se darà la sveglia, sia un male. Si tratterà proprio di una ristrutturazione robusta. Che, assieme alla ridefinizione del ruolo della Federazione, richiederà la riorganizzazione dell’organico di 180 persone con contratto bancario e popolato di quadri e dirigenti. Per dare l’idea, nel 2014 con ricavi di 22,6 milioni ed un utile di 310 mila euro, il 58% dei costi totali era assorbito dal personale. Se nel corso del prossimo anno le Casse Rurali, che assicurano il 70% degli incassi relativi alle quote, si rivolgeranno alla propria holding, quanti quattrini mancheranno alla Federazione? E quante unità, oggi impiegate nei servizi bancari, migreranno verso la capogruppo? Insomma, anche in Via Segantini presto “nulla sarà come prima”, ma sul serio, costringendo i paciosi vertici -tutto il movimento in realtà- a riflettere su stessi e su quale missione affidare alla nuova Federazione: istituzione di rappresentanza, soggetto politico, sindacato, azienda di servizi? E’ urgente, insomma, la mutazione strategica sino ad oggi rinviata. Purché da qui ad ottobre, come s’è fatto lo scorso anno, non ci si metta a trafficare ed a tracciare l’identikit del prossimo presidente: sarebbe come preoccuparsi di quale cappello mettersi quando s’è persa la testa.