Confcommercio Trento, il «feudo» dove i presidenti non cambiano mai
Da Bort ad Oss, da Bonafini a Mondini fino a Buratti: numeri uno (quasi) a vita in barba a qualsiasi criterio di rotazione. Eletti spesso per acclamazione, in Confcommercio basta una stretta di mano
Benvenuti in Confcommercio Trento, dove i presidenti non cambiano mai. Più di cent’anni (in cinque) di poltronificio senza sosta, in barba alle rottamazioni o ai più semplici criteri di rotazione al vertice. Se cercate un feudo inespugnabile, dove tutto scorre lento (anzi, non scorre proprio), allora fate un salto in via Solteri, a Trento nord, in quella fortezza moderna che si chiama Confcommercio.
Non c’è bisogno di ponti levatoi e di feroci coccodrilli a difesa, perché loro si sanno difendere benissimo con i sorrisi, le pacche sulle spalle e le strette di mano. I cinque tenori («perché se le suonano e se le cantano quasi ogni giorno», raccontano ai piani bassi del palazzo, quelli senza le maxi sale in legno e vetro dove si tengono gli incontri che contano, e a cui solo pochi eletti possono partecipare) hanno nomi e facce note a tutti: chi non conosce Gianni Bort, il principe dei tessitori che da diciotto anni siede sulla poltrona più alta di Confcommercio, da oltre venticinque su quella dell’Unat (l’associazione degli albergatori) e ora anche su quella di presidente della Camera di Commercio, oltre che sulla poltrona di vicepresidente nazionale di categoria? Ha attraversato indenne sia i guai romani di quand’era tesoriere di Confcommercio sia le polemiche sulla sua indennità di presidente della Camera di commercio trentina. Gli altri litigano, si inalberano, fanno e distruggono alleanze e lui sta lì sorridente, in attesa che passi ’a nuttata, o il cadavere, per poi raccogliere i cocci (delle alleanze degli altri) e ricomporli sapientemente, con una pacca sulla spalla e rottamando i rottamatori, magari dietro a una tavola imbandita dove furoreggia usando lingua e forchetta come solo lui sa fare.
Anche gli altri quattro “tenori” di via Solteri sono super conosciuti: Paolo Mondini, da oltre vent’anni alla guida dei grossisti, il più battagliero (e il più anticonformista) dei cinque, che in cordata con Bort aveva silurato il vecchio boss dell’Unione, Giuseppe Bertoldi, con l’intenzione di fare il presidente ma finendo a dover scendere a più miti consigli lasciando il trono a “re Gianni”. Voleva guidare l’Unione per sfidare il suo nemico storico, la cooperazione, secondo lui favorita ingiustamente dalle politiche economiche della Provincia, assieme a Confindustria. Da libri di storia le sue sfuriate, che partivano all’improvviso nella storica ditta di famiglia ma anche nelle assemblee dell’Unione, e guai a cercare di tenergli testa. La sua qualità migliore? Non aver mai voluto la fetta di torta della Seac che gli sarebbe spettata in seno all’Unione.
Mario Oss è il collezionista di poltrone, presidente e consigliere di amministrazione di quasi tutte le aziende pubbliche e partecipate del mondo economico trentino. Di professione consulente del lavoro, ma in realtà uno dei pochi “professionisti del gettone” che ci siano sulla piazza trentina. Formidabile organizzatore, imbattibile macchina da guerra quando si tratta di preparare la rielezione di se stesso ma anche dei colleghi presidenti delle altre associazioni dell’Unione, possiede un elenco sterminato di numeri di telefono e di cellulare delle persone “giuste” da contattare perché lo votino o votino i candidati che indica. Lo faceva benissimo già negli anni d’oro della Dc. «Ed è la sola “attività di servizio” - dicono i maligni - di cui è esperto».
Giorgio Buratti è il re dei baristi che a forza di “shakerare” gli avversari siede da quasi trent’anni sulla poltrona di numero uno dei pubblici esercenti. D’altronde come battere l’uomo che gestisce da sempre il bar interno di Confcommercio, e che quindi ha un osservatorio privilegiato su tutto quello che accade dentro le mura della “fortezza di via Solteri”? Sa mescere e somministrare soprattutto parole, quando inizia un discorso non smette più, anche se la lingua di Dante non è certo il suo punto forte. Si reputa bravissimo a non fidarsi dei potenti ma ne è in realtà irresistibilmente affascinato e quando li incontra non li molla mai. «Da quanto guido i pubblici esercenti? Non me lo ricordo nemmeno io», sorrideva gigione l’altro ieri all’assemblea che lo ha riconfermato al vertice.
E poi Emanuele Bonafini, presidente dei panificatori fin quasi da bambino, ma anche affermato ragioniere commercialista, ex sindaco di Spiazzo, commissario straordinario a Breguzzo (chissà come farà a trovare il tempo di lavorare nel panificio di famiglia), ri-ri-ri-ri-ri-rinominato l’altro ieri al vertice della categoria senza un rivale, perché qualsiasi avversario troverebbe “pane” per i suoi denti. Il suo mantra è la difesa degli operatori dell’arte bianca artigianale dall’aggressione dei prodotti industriali precotti e surgelati privi di qualità e di fragranza ma più a buon mercato e per questo sempre più venduti nei supermercati. È il perenne ragazzo dei “cinque tenori”, o comunque quello che si è conservato meglio di tutti. Che sia stato anche lui precotto e surgelato come le spaccatine che vuole eliminare?
Qualcuno ha anche provato a mettere i bastoni tra le ruote ai cinque recordman della cadrega, come Sandro Zeni con le attività di servizio di Oss, ma senza successo: spazzato via con una manciata di voti a suo favore, anche se di pacche sulle spalle e di rassicurazioni, prima del voto, ne aveva avute a bizzeffe. Ma le pacche sulle spalle, nel feudo di Confcommercio, non sono mai quel che sembrano. Uno “stai sereno” antesignano, silenzioso e sorridente: persino Renzi avrebbe molto da imparare qui in via Solteri.
Sapete qual è il segreto dell’elisir di lunga vita dei “cinque tenori”? Una sigla di quattro lettere quattro chiamata Seac. Sì, perché a differenza delle altre associazioni di categoria, spesso squattrinate e per questo un po’ sgangherate (e, soprattutto, con gli associati vogliosi di cambiare, manco fossero il Zamparini di turno quando la squadra del cuore inizia a navigare in cattive acque), l’allora Unione Commercio e attuale Confcommercio Trento ha messo in piedi una società-gioiellino in grado di farsi strada in tutta Italia nel settore dei servizi e prodotti informatici, e, soprattutto, in grado di macinare quattrini, tanti quattrini: milioni di utile ogni anno (11 milioni di euro nel solo 2009, ma in tutti i bilanci è un tintinnar di monete vicino alla doppia cifra), in grado di zittire qualsiasi velleità di rottamazione. Mario Oss (e chi sennò?) è stato alla presidenza per lunghissimo tempo, e quando è stata ora di cambiare, voilà: il tempo di una stretta di mano, pardon, di una pacca sulle spalle, ed ecco un rinnovamento in perfetto “stile Unione”: Gianni Bort al vertice, un bel sorrisone e tanti saluti a tutti.