Ccb-Iccrea, niente accordo sulle azioni da 240 milioni
I trentini possiedono il 22% della concorrente, ma le parti sono lontane. E il gruppo di Fracalossi prepara già il ricorso
TRENTO. Si profila un muro contro muro tra Ccb e Iccrea sulla questione della vendita delle azioni della seconda possedute dal gruppo trentino. Per il 10 gennaio è in programma l’assemblea di Iccrea per la costituzione della capogruppo ed entro quella data Ccb aveva proposto all’altro colosso di credito cooperativo di definire in modo condiviso la cessione di quel 22% di azioni (valore al prezzo richiesto di 52,8 euro pari a circa 240 milioni). Il gruppo trentino punta a cedere le quote perché – si legge in una lettera inviata anche alla Banca d’Italia alla fine di dicembre – «la soluzione negoziale è coerente con l’obiettivo più volte espresso dalla Banca d’Italia di assicurare un percorso ordinato di costituzione dei gruppi bancari cooperativi».
Il problema è capire fino a che punto la soluzione negoziale consenta una definizione vantaggiosa per entrambi. E qui sorgono i problemi perché - a quanto pare - le posizioni sono (al momento) assai distanti.
Ccb ha dato indicazioni alle banche di partecipare all’assemblea di Iccrea e di votare contro ogni ipotesi di modifica statutaria al fine di tutelare i diritti patrimoniali sulle azioni possedute dal gruppo trentino. L’obiettivo di Iccrea sembra infatti quello di “ridurre” il peso delle azioni possedute dai trentini, mentre Ccb dal canto suo non ha la minima intenzione di regalare vantaggi alla concorrente, meno che mai andando a danneggiare le Bcc socie.
Come detto, salvo sorprese i rappresentanti di Ccb all’assemblea del 10 gennaio voteranno contro le modifiche statutarie. Questo perché - come ha già avuto modo di comunicare la stessa Ccb - dalle analisi effettuate è emerso che al gruppo Ccb «spetti il diritto di recesso in conseguenza dell’eventuale approvazione di alcune modifiche statutarie che non risultano propedeutiche necessarie all’assunzione del ruolo di capogruppo».
Attualmente nello statuto di Iccrea c’è scritto che le Bcc possono detenere al massimo il 5% di azioni Iccrea, tranne la Cassa Centrale di Trento e quella di Bolzano che non hanno limiti in questo senso. E infatti Ccb ha in mano il 22% di azioni Iccrea. Le modifiche di statuto che si vogliono approvare nell’assemblea del 10, di fatto puntano a ridurre questa percentuale dal 22 al 10%. Linea contro la quale il gruppo trentino non ha nulla in contrario, a patto che la parte di azioni in più (cioè il 12%) venga acquistata da Iccrea a prezzo congruo. Di contro Iccrea punta invece a ridurre il valore delle azioni, sostenendo al contempo che questa norma è funzionale alla creazione del nuovo gruppo cooperativo e come tale renderebbe non operativo il diritto di recesso dei trentini. E su questo sarà battaglia, con Ccb pronta ad impugnare l’esito dell’assemblea.
Voci ben informate, infine, sostengono che Iccrea, non avendo l'assemblea autorizzato l'acquisto di azioni proprie, non può procedere ora all'acquisto riservato, invece, alle singole Bcc aderenti. Qui s'inserisce la dialettica per l'elezione del presidente e dell'a.d. del futuro gruppo bancario Iccrea: chi vuole un presidente diverso dall'attuale Iccrea (Magagni) tra cui la banca cooperativa di Roma e chi vorrebbe confermarlo. Ecco spiegate le tensioni attorno all'acquisizione di un pacchetto che sposterebbe gli equilibri dell'assemblea del 10 gennaio.
(lu.pe.)