«Cure palliative, sostegno per tutti poco conosciuto»
Una donna racconta. «Questo servizio, al quale mi ha introdotta un’amica, ha sostenuto mio marito, ma pochi sanno che l’efficienza e l’umanità che dispensano non è solo per i “terminali”»
Valsugana. «La malattia può essere vissuta in modo diverso, migliore. Nel mio caso non è successo ma poteva essere fatto, con onestà intellettuale e competenza». E' un appello quello che lancia una signora della Valsugana, che recentemente ha perso il marito per un male incurabile. C'è rabbia, amarezza nelle sue parole. Il dolore è ancora intenso, palpabile, ma forte è anche la voglia di testimoniare la propria esperienza, affinché chi si trova o verrà a trovarsi nella stessa situazione sappia come muoversi perché in Bassa Valsugana esistono un servizio e delle persone "speciali", preparate, competenti e dotate di grande umanità. Si chiama A.D.I.- C.P., ovvero Assistenza Domiciliare Integrata Cure Palliative ed è una eccellenza riconosciuta da coloro a cui il destino ha riservato il doloroso calvario del cancro.
Momenti durissimi
«Alla fine della scorsa estate mio marito ha scoperto di avere un tumore. Ha cominciato a stare male ma il medico condotto invece di attivare le cure palliative gli faceva trasfusioni di vitamina C, perché avesse più forza», ci spiega. L'uomo in poco tempo è arrivato a non mangiare quasi più, a passare le giornate sulla poltrona. Anche alzarsi era faticoso. Il mese di dicembre per lui è stato un vero e proprio calvario, piegato da dolori indicibili, giorno e notte. «Non riuscivo più a vederlo così», ricorda.
Il suggerimento dell’amica
Grazie ad una amica scopre il servizio di cure palliative, che viene immediatamente attivato. «Una volta tornato a casa dal periodo di ricovero, venivano i medici e gli infermieri palliativisti a casa, anche quattro volte al giorno quando stava molto male. Addirittura mi chiamavano la domenica per dirmi che se avevamo bisogno bastava fare un colpo di telefono, che erano reperibili. Quando mai capita una cosa del genere? Persone competenti e disponibilissime, un servizio invidiabile». E prosegue: «Con le cure palliative mio marito ha ripreso a mangiare, addirittura ad andare in macchina. Mi chiedo: perché non viene attivato subito dal medico di base questo servizio? Già uno sta male, perché deve soffrire quando si può farlo vivere meglio, senza patire come ha fatto lui?».
L’accorato appello
La signora scorre le fredde statistiche: oggi una persona su 3,5 muore di tumore. Tante, tantissime. «Quando ci sono questi mali, il servizio di cure palliative va attivato subito. Lo dico a chi si trova, come noi, catapultato in una cosa che non conosce. Il servizio esiste, attivatelo! Può farlo il medico di base, il malato, un familiare... è un diritto del malato!». Un servizio che, ricorda, non segue i malati terminali bensì tutti i malati di tumore, anche coloro che sconfiggono questo brutto male. Il secondo appello la signora lo fa alla struttura ospedaliera e alla politica. «Non ho nulla contro i dottori e gli infermieri di medicina, sono stati molto carini ed hanno fatto quello che potevano, ma quello che voglio dire è che non esiste un protocollo per i malati di tumore che prevede, all'accesso in ospedale, che vengano seguiti dagli specialisti palliativisti. Non possono venire trattati come pazienti normali, va attivato immediatamente un protocollo, anche alla luce del rapporto di 1 su 3.5 di morti per tumore», conclude.