«Ho messo in un libro la difficoltà di incontrarci» 

Arrivato dal Benin nel 2016, Chefiki Lanikpekoun ha 21 anni e vive a Volano Ha scelto una storia d’amore per raccontare la sua esperienza di profugo


di Michele Stinghen


VOLANO. È arrivato in Sicilia a bordo di un gommone nel settembre del 2016, era appena maggiorenne e parlava solo francese. Da allora ha imparato l'italiano in maniera perfetta con i corsi del Cinformi, ha conseguito la licenza media ed è riuscito a scrivere un libro, sempre in italiano. Il libro si intitola "Accettami, abbracciami e amami come persona", lui è Chefiki Lanikpekoun, originario del Benin, nato in Costa d'Avorio; ha 21 anni ed è uno dei due richiedenti asilo alloggiati attualmente a Volano. Davvero un percorso eccellente e velocissimo, per il giovane africano, che ha scelto la scrittura in una lingua non sua per raccontare il suo percorso e riflettere su pregiudizi ed intolleranza. Ora la sua vita è ad un bivio, perché con le nuove normative provinciali e nazionali per chi come lui ha la protezione umanitaria, entro maggio dovrà lasciare l'appartamento in cui è accolto. Come tanti come lui, se non troverà lavoro, rischia la strada. Risorse non gliene mancano: mentre studiava per la licenza media, faceva il servizio civile alla Comunitò Murialdo, dove aiutava i ragazzini a fare i compiti, e grazie a quanto ha ricevuto con questo è riuscito a sostenere le spese per l'autopubblicazione del libro. Chefiki Lanikpekoun racconta la sua storia d'amore con una ragazza bianca, e riflette sui pregiudizi e sull'accettazione, pregiudizi che in questo caso sono di direzione opposta - gli amici di colore che gli consigliavano di lasciarla, perché non c'era da fidarsi. «Ho voluto raccontare la mia esperienza qui attraverso una storia d'amore, è stato uno sfogo, un modo per comunicare quello che sente un richiedente asilo. Ne sto scrivendo un altro, dove racconto il mio viaggio dal Benin all'Italia». E come è stato il viaggio? «È durato un anno. Arrivai in Burkina Faso, perché pensavo di lavorare in quel paese, ma arrivato scoprii che non c'era possibilità. Come altri andai in Libia per cercare lavoro, ma la Libia è l'inferno in Terra. Non puoi tornare indietro, e quindi l'unica soluzione è andare in Europa, sapendo che si può anche morire». Resterai in Italia? «Inizialmente pensavo di andare in Francia, ma ora ho deciso che resterò in Italia: scrivo e parlo in italiano, andare via sarebbe un peccato. A Volano mi trovo bene, un paese tranquillo e accogliente». Eppure il clima in Italia sta peggiorando, per quanto riguarda i migranti. «Sì, l'odio sta aumentando, i più deboli sono quelli che soffrono di più, perché si viene incolpati di ciò che non si ha fatto. Se a casa di una famiglia manca la pasta, non è perché è arrivato un migrante. Purtroppo sento pregiudizi e intolleranza, manca informazione, ma se non mi conosci non puoi giudicarmi». Lanikpekoun fa un piccolo esempio: un migrante viene subito etichettato anche per i vestiti che porta, quelli di scarto che riceve nei centri di accoglienza, e allora cerca, appena può, di indossare qualcosa di meglio: ed ecco che allora "si è preso i vestiti belli con i soldi della Provincia". Le capacità per lavorare non gli mancano, ma - non diversamente da quanto accade per tanti altri come lui - i documenti del permesso di soggiorno hanno tempi lunghi e, nonostante accettato, risultano "in trattazione". Un problema in più per chi deve trovarsi un lavoro e subito dopo un appartamento in affitto, e al tempo stesso superare i pregiudizi.

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