Turismo in Trentino, nel 2020 quasi il 40% di arrivi in meno
Nei numeri dell’Ispat l’anno nero fra pandemia e lockdown. Si è salvato solo agosto
TRENTO. Non poteva essere diversamente ma ora le ipotesi sono diventate realtà. Una realtà dura quella che è scritta nei numeri dell’analisi Ispat sul movimento turistico in Trentino. Un rapporto dove a farla da padrona è il segno meno. Un meno che pesa come un macigno per quanto riguarda la presenza degli stranieri: meno 51,5%. E non solo.
L’anno 2020 evidenzia valori in netta contrazione sia per gli arrivi (-39%) che per le presenze (-36,5%). La flessione riguarda entrambi i settori: gli arrivi diminuiscono del 39% sia nell’alberghiero che nell’extralberghiero; le presenze calano del 36,3% nell’alberghiero e del 37,1% nell’extralberghiero. Le presenze alberghiere rappresentano il 71,6% del totale dei pernottamenti rilevati nel complesso delle strutture ricettive (escludendo alloggi privati e seconde case).
Nel 2020 i pernottamenti sono di poco superiori agli 11,7 milioni, con una netta prevalenza di turisti italiani (68,1%). La contrazione maggiore si osserva per la componente straniera (-51,5%); più contenuto il calo degli italiani.
La dinamica a livello mensile mostra valori in netta crescita nei mesi di gennaio e febbraio (quando il Covid sembrava un problema di altri) mentre a partire da marzo si rilevano variazioni negative che azzerano quasi completamente le presenze nei mesi di aprile e maggio a seguito del lockdown.
Un calo più contenuto si registra nei mesi di luglio, agosto e settembre in coincidenza con la riapertura delle attività. Agosto si conferma il mese con il più alto numero di pernottamenti e la sua incidenza sull’anno aumenta di 7,6 punti percentuali (dal 20,3% al 27,9%), dovuta alla straordinarietà della stagione estiva 2020.
Le presenze italiane diminuiscono del 25,8% rispetto all’anno 2019. Le principali regioni di provenienza si confermano essere Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Lazio e Toscana. In consistente flessione le presenze straniere (-51,5%). I flussi maggiori provengono dalla Germania, dalla Polonia, dalla Repubblica Ceca, dai Paesi Bassi e dal Belgio.
La performance dei singoli territori è generalmente molto negativa: gli ambiti della Valle di Fassa, delle Dolomiti di Brenta – Altopiano della Paganella, Cavedago e Spormaggiore, di San Martino di Castrozza, Primiero e Vanoi, degli Altipiani di Folgaria, Lavarone e Luserna e della Valle di Ledro hanno registrato flessioni più contenute (un calo compreso tra il 26% e il 30%). In Valle di Fassa si osserva il maggior numero di pernottamenti.2
Il movimento turistico fa segnare variazioni negative significative per tutte le categorie alberghiere che presentano nel complesso flessioni superiori al 30%. Le variazioni maggiori si rilevano negli alberghi a quattro stelle (-39,6%) e in quelli a tre stelle (-36,7%). Le presenze registrate nelle strutture a tre stelle rappresentano il 46,1% del movimento turistico alberghiero annuo.
Il settore extralberghiero, che rappresenta il 28,4% delle presenze complessive, evidenzia un andamento analogo al settore alberghiero e presenta un calo sia negli arrivi (-39%) che nelle presenze (-37,1%).
Le presenze in campeggi, agritur ed esercizi rurali rappresentano nell’anno il 48% del totale del movimento nel settore extralberghiero. Anche per queste strutture si registra una marcata flessione delle presenze (-32,9%).
Secondo l'Ispat la crescente domanda di accoglienza informale connessa all’emergenza sanitaria ha probabilmente favorito l’incremento degli affitti turistici, soprattutto durante la stagione estiva, così come un maggior utilizzo delle seconde case. Il bilancio dell’anno, considerando anche la stima del movimento in alloggi privati e seconde case, limita leggermente le perdite per la componente italiana. Il calo degli arrivi si porta al -36,6%, mentre la flessione delle presenze scende al -28,7%.