«Voglio un Pd unito e due donne in giunta Io? A disposizione»
Lucia Maestri è contraria ad ingerenze nelle scelte di Rossi «Onorata di far la consigliera». Su Battisti «attacco indegno»
TRENTO. Quando già fa buio Lucia Maestri esce dal bar Al Canton di Povo, assieme ai compagni di partito Borgonovo Re, Ferrari, Plotegher, Rudari e Civico. «In campagna elettorale qui tenevamo brevi interventi organizzati dal circolo di Povo, che è stato molto attivo», spiega. «Oggi siamo venuti a fare una bicchierata».
Assessore comunale uscente, 52 anni, Lucia Maestri ha acciuffato il nono e ultimo posto disponibile per approdare in Piazza Dante, con 2.675 voti. Eletta nell’83 nel consiglio circoscrizionale della Clarina, è entrata a Palazzo Thun nel ’99 dopo avere ricoperto incarichi di responsabilità all’interno del partito. Fino al 2005 è stata capogruppo e presidente della commissione vigilanza, poi in giunta per 8 anni. «Provengo da una storia politica che parte dal Pci e attraversa le varie fasi fino ad arrivare al Pd», dice. «I Focolarini? Non esiste un mondo dei Focolarini, ma persone. Mi hanno votato i tanti cittadini che hanno avuto modo di conoscermi nella vita quotidiana e negli ambiti della cultura, della cooperazione internazionale e del turismo. Persone con cui ho costruito dei rapporti sereni, lavorando sempre con un metodo di condivisione. Ma anche dicendo dei significativi no».
Maestri, con che spirito affronta la nuova esperienza in consiglio provinciale?
Abbiamo avuto un primo incontro di gruppo l'altra sera nel quale sono emerse delle convergenze su un capogruppo provvisorio.
Lei non era tra i contrari?
No, io dico che il capogruppo vada nominato rispetto a un'indicazione di progetto politico. Mi è sembrato di poter osservare che l'anzianità di servizio non fosse sufficiente. Ma in questo momento in cui ci sono da definire strategie di giunta e assetti con la Provincia di Bolzano ho ritenuto che questa fosse una proposta positiva, in termini provvisori. Poi un ragionamento va ripreso in mano rispetto a una prospettiva di tipo politico.
Lei, che è stata capogruppo a Palazzo Thun, potrebbe ambire a questo incarico?
Credo che un capogruppo non possa autoproporsi, come un assessore: sono figure che devono ottenere il consenso rispetto a un indirizzo politico.
A proposito, Rossi sembra stia sentendo i “papabili”: l'ha chiamata?
No.
Vorrebbe essere chiamata?
Non ho nessuna velleità: sarà lui a fare le valutazioni che attengono al progetto collettivo.
Se si guardasse alle competenze, sulla cultura lei potrebbe dire la sua...
Sì, io ho maturato in Comune una buona esperienza nella cultura, nel turismo e nelle politiche giovanili. Un patrimonio che posso mettere a disposizione della coalizione in qualsiasi ruolo che il presidente deciderà di assegnarmi. Ma se devo guardare alle preferenze sono onorata di fare il consigliere.
Vedrebbe bene due donne in giunta?
Mi pare che sia credibile e soprattutto giusto che due donne siano in giunta.
Abbiamo conosciuto un Pd diviso tra partito di governo, dove è stata sempre collocata lei, e di opposizione, dove invece vengono fatti rientrare Zeni o Borgonovo Re. Le cose cambieranno o le fratture continueranno?
Io spero che il Pd sia del tutto un partito di governo e che le vecchie discussioni sulla discontinuità appartengano al passato. Gli elettori ci hanno consegnato un mandato di primo partito che deve farsi carico di onori e oneri di governo. Io lavorerò per rendere il Partito democratico una squadra coesa, propositiva e riformatrice.
Italo Gilmozzi ha fatto bene nel ruolo di coordinatore: dovrebbe restare alla guida?
Penso che abbia assolto un ruolo molto difficile in questo periodo di fibrillazione nel Pd, costruendo uno spirito di squadra che può continuare a far vivere a ciascuno di noi. É una persona importante in termini di coesione e sarebbe esiziale bruciare una figura di questo genere in nome di altre alchimie.
Ha altri nomi da proporre?
In questo momento no, ma credo che in termini congressuali siano da separare la dinamica nazionale, dove ognuno farà la sua scelta, da quella locale, dove si dovrà lavorare per un partito che abbia un respiro nazionale e internazionale ma che sia anche autonomo, con i piedi ben piantati in Trentino, e che prescinda dalle dinamiche romane. Penso ai tesseramenti gonfiati e alle scaramucce tra i pretendenti alla segreteria, che sono estranei alla nostra realtà.
Kaswalder afferma che Muse e Mart sono troppi: ne bastava uno. Da ex assessore alla cultura ha paura di un certo pensiero autonomista?
Non ho paura: so che ci sono investimenti che ormai sono stati fatti. Mi sembra ilare immaginare un Kaswalder che con il piccone abbatte Muse o Mart. Pensiamo a cosa sono questi musei per la ricaduta che portano sul territorio. Dobbiamo continuare su questa strada.
E l'attacco alla figura di Battisti mosso da Ottobre?
Lo ritengo indegno della storia di questa terra, che è fatta di appartenenze e scelte diverse, peraltro attinenti a un centinaio di anni fa. Non credo che chi si è schierato con gli austriaci sia stato un nemico. La mia formazione è battistiana, ma dal passato dobbiamo trarre l'insegnamento che le diversità vanno ricomposte in un disegno unitario.
Gli autonomisti sono i vostri nuovi compagni di viaggio. Crede che andrete d'accordo?
Non posso dare un giudizio perché non conosco bene l'impostazione politica dei colleghi. Rimango convinta che il collante forte sia il programma di governo. E all'interno di quello siamo assolutamente uniti.
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