Via Suffragio rinasce: tra concerti da osteria e libri sotto i portici
Nel cuore della città di Trento per riscoprire l’antico snodo Si amplia il “Porteghet”, fioriscono le iniziative creative
TRENTO. C’è movimento in via Suffragio. Zona del centro che si sente poco centrale e che anche in un recente passato ha manifestato la propria lontananza da quello che una volta era chiamato “il giro al Sas”. Quasi ci fosse una lontananza percepita, uno dei paradossi di questa città. Eppure, adesso, quella che tanto tempo fa era la contrada dei Todeschi, zona di bordelli e commercio, porta di entrata della città per quelli che venivano da nord, qualche segno di vitalità lo batte. Prendiamo “al Porteghet”, bar storico, nel senso che c’è del 1921.
Quando, in passaggio Dorigoni, che sta lì a fianco, quasi in fondo alla via del Suffragio, venne realizzato lo slargo porticato per accedere alla stazione della ferrovia Trento-Malè, prima che venisse spostata. Perché, basta andare a leggersi l’Aldo Gorfer di “Trento città del Concilio”, fu intervento di una certa rilevanza urbanistica. A dire il vero era il 1910-1911, e si decise di realizzarlo al posto del “Porteghet”, per l’esattezza, stando al vernacolo, “’l’Porteghet”, stretto passaggio, pertugio, che fino alla metà dell’Ottocento e anche dopo portava direttamente all’Adige prima che gli austro-ungarici decidessero di deviare il fiume (che a posteriori è risultata un insulsaggine, almeno visti i tanti dotti progetti contemporanei di riavvicinare il corso d’acqua alla città, ma quando mai) un abbrivio più comodo, di accesso, ai moderni trasporti dell’epoca. “Al Porteghet”, bar, taverna, osteria, è chiuso e riaprirà dopo Pasqua. Si allargherà, “sfondando” su via Suffragio, prendendo spazio in quello che fino a qualche anno fa era il negozio del Filippin, che vendeva materassi. A sentire il titolare del bar di adesso, Andrea Margoni, in questo modo ci sarà spazio per iniziative e concerti anche durante la stagione fredda. Perché adesso, va da sé, si possono fare solo all’esterno, quando è un po’ più caldo. Il ché vuol anche dire, probabilmente, che le cose non vanno poi così male.
C’è poi Federico Zappini, residente della via, noi lo ricordiamo quando faceva parte del collettivo che gestiva il primo Centro sociale Bruno alla Dogana. Ha vinto un bando che il Comune promosse, sperando, vanamente, che Trento potesse diventare città italiana della cultura. Ma quel bando rimane, ha dei primattori. E Zappini, insieme ad altri, tra il 30 giugno e l’1 luglio cospargerà via Suffragio di 100mila libri, dalla chiesa in giù, questa è l’intenzione. E quindi tra poco diffonderà urbi et orbi i luoghi dove, chiunque volesse, possa portare vecchi libri ormai letti da donare all’iniziativa.
Si può entrare, proseguendo nella riscoperta, ai “Sogni di carta”, in fondo alla via, prima di passare il semaforo che porta in San Martino. Dove c’è, da settembre, la libreria dell’usato di Monica Finardi. Non vorrebbe chiudere, ci dice, ma passare la mano a qualcuno che avesse interesse e passione. Un posto dove si trova “Il sole dei morenti” di Gian-Claude Izzo, in doppia edizione, non si può lasciar perdere. Adesso ci si è messo di buona lena anche il Cafè de la Paix di passaggio Osele, laterale del Suffragio, riaperto da poco. L’Arci, di cui è circolo, ha vinto un bando della Piattaforma delle Resistenze, rete regionale carica di progetti di educazione alla cittadinanza, adesso si dice così per dire convivialità, consapevolezza della complessità del mondo in cui viviamo e quant’altro. A primavera sarà una factory di strett art, poi in mostra lì davanti. Qualche segno di vita, nella zona del Suffragio, c’è. Sembra valga la pena prendervi parte. Almeno per curiosità, che non fa mai male.