Unità d'Italia, beffa per le ferie dei provinciali
La circolare: «Un giorno di festa in meno a tutti». Sale la protesta dei sindacati
TRENTO. Sono passati due mesi, ma gli strascichi polemici sulla festa dell'Unità d'Italia (17 marzo scorso) sono ancora vivi in provincia. Stavolta non si tratta di questioni di appartenenza nazionale, ma più prosaicamente di giorni di ferie. A scatenare la polemica è la decisione della Provincia di recuperare una giornata di ferie «tagliandola» in modo indiscriminato a tutti i dipendenti. La delibera della giunta provinciale è della settimana scorsa, ma solo ieri - tramite una mail inviata dall'ufficio per il personale - è arrivata a tutti i dipendenti la comunicazione ufficiale circa le modalità che la Provincia intende seguire per il recupero della giornata di festa goduta il 17 marzo scorso. In pratica la Festa dell'Unità costerà ai dipendenti provinciali un succulento ponte ai primi di giugno. Infatti il Tricolore è stato sì celebrato, ma al prezzo di una giornata di ferie imposta. Che ora, però, va recuperata tra una delle due che erano già previste dal contratto di lavoro e che vengono decise in anticipo. Una di queste giornate è già passata: il 7 di gennaio, un venerdì i dipendenti provinciali hanno trascorso fuori dall'ufficio legandolo al giovedì precedente dell'Epifania ad un sabato e domenica. Quattro giorni filati di vacanza. La stessa cosa avrebbe dovuto ripetersi ai primi di giugno. Quel venerdì che casca proprio dopo il 2 giugno di vacanza e giusto prima del week end era perfetto per inserire un giorno di ferie «obbligatorie» che, infatti, la giunta provinciale aveva previsto ad inizio anno. La stessa giunta, però, ha deciso di sacrificare questo ambito «ponte» sull'altare della festa nazionale decidendo di sostituire il 17 marzo con la giornata del 3 giugno che - dunque - non è più di ferie obbligatorie. Certo, questo non significa che un dipendente che lo desideri non possa starsene a casa quel giorno, ma tant'è: gli uffici della Provincia rimarranno comunque aperti. In effetti - ad essere puntigliosi - il primo pasticcio (quello da cui poi tutto è seguito) è stato commesso dal governo. Il decreto istitutivo non era chiarissimo, tanto che le amministrazioni pubbliche erano in dubbio sul come classificare quell'assenza. Poi è arrivata la chiarificazione: il 17 marzo è festa sì, e quindi chi ha lavorato s'è trovato un bel regalo, ma anche una festa da mettere in conto al dipendente pubblico, visto che lo Stato non ci doveva rimettere un centesimo. La decisione della giunta è stata quella di togliere un giorno di ferie a tutti (da 30 a 29), indistintamente. Questo, in sostanza, è il senso della circolare giunta ieri ai dipendenti di Piazza Dante. Ma la circolare (almeno in apparenza) non tiene conto di alcune differenze tra i dipendenti. Chi lavora part-time, ad esempio, si ritrova comunque un giorno di ferie in meno a prescindere dal fatto che il 17 marzo abbia lavorato o meno. La questione non coglie affatto di sorpresa i sindacati. Silvia Bertola (Uil) spiega che l'interpretazione data dal governo e fatta propria dalla Provincia «è pasticciata e da noi non condivisa». Usa toni decisamente più duri il suo collega Stefano Galvagni che annuncia di voler chiedere a breve all'assessore al personale Mauro Gilmozzi «il ritiro e la rettifica della circolare». Spiega Galvagni: «Qui non si discute il fatto che i dipendenti abbiano un giorno in meno di ferie da fare, ma il fatto che questa giornata poteva essere recuperata in un altro modo, ad esempio non pagando come festive alcune domeniche che cadranno a dicembre. Anche perché - continua Galvagni - molte famiglie avevano fatto dei programmi sul week end del 2 giugno, programmi che ora rischiano di saltare». In conclusione, secondo Galvagni «c'erano tutti i margini per muoversi in un altro modo. Invece la giunta ha preferito percorrere la strada meno favorevole per i dipendenti, a conferma di un clima - diciamo - antipatico che fa il paio con il blocco dei contratti».