Trento Rise, 8 mesi a Pilati Ma si andrà in appello
TRENTO. Otto mesi per turbativa d’asta per Ivan Pilati. Si è chiuso così il primo grado (ma la difesa è già pronta al ricorso in appello) uno dei filoni nati all’inchiesta della procura trentina su...
TRENTO. Otto mesi per turbativa d’asta per Ivan Pilati. Si è chiuso così il primo grado (ma la difesa è già pronta al ricorso in appello) uno dei filoni nati all’inchiesta della procura trentina su Trento Rise. Il filone era quelli del Pcp Pua (il punto unico d’accesso per la sanità, dal valore di 5 milioni di euro) e Ivan Pilati, ex responsabile business di Trento Rise, era l’ultimo degli imputati che doveva definire la sua posizione. E per lui il giudice ha deciso per una pena di otto mesi. Secondo gli investigatori, il bando del Pcp Pua sarebbe stato confezionato su misura per favorire la cordata Icare-Keynet. La gara, in particolare, sarebbe stata turbata dal fatto che alcuni funzionari di Trento Rise avrebbero rivelato ai rappresentanti della Deloitte i contenuti del bando con mesi di anticipo. In questo modo, la cordata composta dalla Icare e da Keynet sarebbe stata oggettivamente favorita. L'accusa di falso in atto pubblico nei confronti solo di Bonacci era ipotizzata perché avrebbe retrodatato l'atto di deposito di alcuni documenti da allegare all'offerta.
Oltre a Pilati a giudizio erano finiti davanti al giudice Massimo Bonacci che era il responsabile della sede trentina di Deloitte e Patrick Oungre, dipendente della società. Per i due la posizione era stata già definita: per il primo il giudice aveva deciso una pena a un anno e mezzo e per il secondo a sei mesi.
Pilati aveva già patteggiato per un’altra vicenda legata a Trento Rise, quella relativa a truffa e peculato. Pilati (non solo lui) avrebbe presentato falsa documentazione per ottenere rimborsi per missioni di lavoro. 75 le missione contestate a Pilati fra il 2013 e il 2015. Il peculato riguardava invece l'utilizzo della carta di credito fornita da Trento Rise per pagare pranzi che gli imputati, al contrario, avrebbero dovuto saldare di tasca loro, non essendo incontri di lavoro. Si va da pasti da poche decine di euro ad altri da un centinaio, quasi tutti in ristoranti cittadini o nei sobborghi. Per l'accusa gli ex dirigenti di Trento Rise avrebbero fatto figurare quei pasti come incontri di lavoro.