Tre orme di dinosauro riscrivono la geografia giurassica italiana
Eccezionale ritrovamento all’interno della galleria del Monte Buso, nel massiccio del Pasubio: tre orme di dilofosauri che rivoluzionano la paleogeografia italiana. Nel periodo Giurassico, infatti, quel territorio si ipotizzava sommerso
TRENTO. Il ritrovamento di tre orme di dinosauro all’interno della galleria del Monte Buso, nel massiccio del Pasubio, rivoluziona la paleogeografia italiana. Lì non dovevano stare: nel periodo Giurassico, quel territorio si ipotizzava sommerso. Ma c’è di più: la “piattaforma di Trento” apparteneva all'Eurasia e non al continente africano.
Durante l’esplorazione della galleria passante del Monte Buso, nel massiccio del Pasubio (scavata dagli austriaci durante la prima guerra mondiale per collegare le retrovie alla prima linea), Marco Avanzini – conservatore responsabile della sezione di geologia del Museo tridentino di scienze naturali e noto esperto di icnologia, la disciplina che studia le orme fossili – ha individuato le tre orme di dinosauro che riscrivono la storia antica della penisola italiana. Seguendo le ricostruzioni paleogeografiche, basate su dati geologici e stratigrafici, l’Italia del Giurassico (il periodo che va da 200 a 160 milioni di anni fa) era considerata perlopiù un territorio sommerso, dove al massimo erano presenti basse distese fangose a pelo d’acqua.
Nel 1990, la scoperta di tracce di dinosauri ai Lavini di Marco, nel Trentino meridionale, fa vacillare questa ipotesi. I ritrovamenti successivi, avvenuti in un’ampia area compresa tra la Valle dell’Adige e il Feltrino, provano che il territorio denominato dai geologi “Piattaforma di Trento” nel Giurassico inferiore (200-190 milioni di anni fa) era costituito in gran parte da terre emerse. Lo sprofondamento previsto dai modelli tradizionali era avvenuto più tardi (nel Giurassico superiore, 160 milioni di anni fa).
Il nuovo ritrovamento riscrive non solo la storia di quest’area, ma anche la sua geografia. Sempre stando ai modelli tradizionali, la piattaforma di Trento doveva essere connessa nella sua parte meridionale al continente africano. La frammentazione del continente Pangea, si pensava, aveva trascinato il territorio alpino verso sud, separandolo dall’Eurasia tramite un braccio di mare. I dinosauri giurassici dell’Italia, di conseguenza, dovevano avere affinità con quelli africani. Ma gli scienziati non trovavano prove in questo senso. Il ritrovamento di orme nella galleria del Monte Buso, a 130 metri dall’ingresso, dipinge un paesaggio molto diverso. Testimonia il passaggio di dinosauri anche nel periodo in cui il territorio si considerava sott’acqua, spostando le lancette dello sprofondamento oceanico di qualche milione di anni; e parla di una parentela che guarda a nord e non a sud.
Se confrontate con quelle coeve, le orme del Monte Buso non presentano infatti relazioni con quelle africane; mostrano invece indiscutibili analogie con quelle rinvenute in Polonia, in Francia, in Scandinavia e in Nordamerica. I dinosauri giurassici delle Alpi erano dinosauri europei. Le tracce sono costituite da tre orme tridattile robuste con artigli alle estremità delle dita. Lunghe circa 30 centimetri, sono parzialmente sovrapposte: le hanno lasciate due dinosauri carnivori bipedi di medie dimensioni e di misure consistenti (due metri di altezza, 7-8 di lunghezza, 400 kg di peso), appartenenti al genere Dilophosaurus. È verosimile immaginare che i dinosauri camminassero in una palude di acqua salmastra, bordata verso i margini della piattaforma di Trento da litorali sabbiosi che si affacciavano sul mare. Accanto alle orme sono stati ritrovati resti dell’ambiente in cui vivevano: piante (conifere e felci), molluschi di acqua dolce, crostacei, ossa di coccodrilli e pesci.