Stangata in arrivo per i pensionati
Ticket e servizi sociali a rischio: i redditi medi nel mirino dei tagli
TRENTO. Sacrifici per tutti. O quasi. Se i politici si pongono l'interrogativo amletico sul se e quando decurtarsi l'indennità, per l'uomo della strada il ritorno dalle vacanze coinciderà con la resa dei conti. Da settembre le famiglie cominceranno a capire quanto la manovra finanziaria di luglio inciderà sulle loro tasche. E i tagli in arrivo non risparmieranno neanche i pensionati. Saranno quelli appartenenti alla classe media a dover dare il maggiore contributo di sangue alla crisi. Da sempre la fascia più tartassata: né povera né ricca, ogni mese quel tanto che basta per vivere dignitosamente, senza grandi svolazzi ma neppure particolari privazioni.
Quei pensionati, con cifre sul conto che oscillano dagli 800 ai mille euro al mese, rischiano dall'autunno uno scivolone all'indietro. L'ennesimo, considerato che già da anni la loro rendita, sotto i colpi della recessione, perde potere d'acquisto. E' dal 1992 che non godono più di una rivalutazione legata ai contratti di lavoro, bensì del semplice incremento pari all'inflazione.
Come se non bastasse, negli ultimi anni hanno cominciato ad accollarsi sempre di più il ruolo di ammortizzatore sociale, mantenendo figli precari e separati e crescendo i nipoti con genitori sempre più impegnati al lavoro. Ora, con i tagli di Tremonti, dovranno pagare di più il ticket per la specialistica ambulatoriale e pure quello per i codici bianchi.
Ma il vero punto di domanda pende sui servizi. Trasporti, assegni di cura, centri diurni, contributi per l'assistenza familiare rischiano di essere falciati da Comuni e Provincia, costrette a drastiche diete per far fronte al taglio dei trasferimenti. E sarà appunto la classe media di pensionati a farne di più le spese, priva delle esenzioni riservate alle pensioni di fascia bassa e senza anche i mezzi necessari per ricorrere a servizi sociali e assistenziali in forma privata, che potranno permettersi le fasce di reddito elevate.
In Trentino, su un totale di circa 133 mila pensionati, sono 40 mila quelli che veleggiano con assegni tra 500 e 1000 euro al mese. Circa 60 mila percepiscono cifre inferiori ai 500 euro mentre quasi 35 mila superano quota mille. Di questi, una minima parte è costituita dalle cosiddette pensioni d'oro, sopra i 90 mila euro lordi annui, che la manovra obbliga dal 1 agosto a pagare un contributo di solidarietà: il 5 per cento fino a 150 mila euro, del 10 per cifre superiori.
Un piccolo sacrificio assolutamente sostenibile, come quello che sarebbe richiesto ai politici, secondo il segretario provinciale della Cisl Lorenzo Pomini: «Quando ci troviamo di fronte a vitalizi di questa entità, nella stragrande parte dei casi si tratta di politici e in forma minore di manager molto quotati - dice -. Il contributo quindi non solo è giusto, ma è anche ininfluente, incidendo poco su cifre così elevate. Diverso è il discorso per la classe media, che con questa manovra rischia il massacro. Per fortuna abbiamo stoppato il tentativo di Tremonti di bloccare gli aumenti Istat, ma la vera partita riguarda i servizi sociali. Il rischio è che tanti si trovino a pagare quello che oggi ottengono gratis». Da settembre in poi, avvisa, inizierà la rumba: «Vedremo, dai Comuni alla Giunta provinciale, cosa taglieranno. Il presidente Lorenzo Dellai, per dire, ha annunciato la riduzione del dieci per cento dei costi della macchina provinciale. Ma a cosa si riferisce? A staff e dirigenti o ai servizi?. Tra un mese lo sapremo».