Soldi ai politici, la base del Pd sferza i candidati
Nel mirino il superbonifico di fine mandato ai consiglieri. Gilmozzi: «Cittadini schifati». Al primo confronto disagio e critiche alle mosse di Renzi sul governo
TRENTO. Due temi irrompono nel primo confronto fra i tre candidati alla segreteria del Pd trentino - Giulia Robol, Elisa Filippi e Vanni Scalfi - ieri pomeriggio al Palazzo della Regione, e danno il polso degli umori della base democratica. Il primo è la crisi di governo, l’affossamento di Letta e la corsa di Matteo Renzi verso Palazzo Chigi, un passaggio che la maggior parte degli elettori non capisce e non approva. Il secondo sono i costi della politica: questione tornata di attualità nei giorni scorsi di fronte al doppio bonifico ricevuto dai consiglieri provinciali a fine legislatura: 210 mila euro di restituzione dei contributi versati al Fondo pensione e 68 mila di indennità di fine mandato.
Partiamo da qui, perché da qui è partito il coordinatore uscente Italo Gilmozzi, ieri ringraziato da tutti i candidati per il clima che ha saputo costruire in sette mesi, da traghettatore del Pd, dopo la clamorosa sconfitta alle primarie per la presidenza della Provincia. «Smettete di parlare dei costi della politica fin quando non si fa qualcosa di concreto - ha detto Gilmozzi rivolgendosi ai tre candidati - i cittadini sono schifati da quello che hanno letto in questi giorni sui giornali». In sala scatta l’applauso. E il tema torna ancora, in una delle prime domande del pubblico: «Ero un iscritto al Pd, ma non so se vi voterò ancora. Io 280 mila euro riesco a metterli insieme in 10 anni di lavoro. Non ho sentito il Pd dire “ci siamo sbagliati, rimediamo”».
Vanni Scalfi confessa di provare grande imbarazzo, così come di fronte «a certe consulenze d’oro ventilate per dirigenti provinciali in pensione» (i 240 mila euro proposti - e bocciati - per Paolo Spagni a Trentino Sviluppo, ndr): «Io sono per un taglio dai parlamentari ai consiglieri circoscrizionali, partendo dai più alti. E alle primarie del 16 marzo propongo di dare un primo segnale: agli elettori non chiediamo neanche un euro». Per Giulia Robol «serve una classe politica che soffre come i cittadini perché il politico ha una responsabilità in più». «Qualcosa è stato fatto - dice - i vitalizi sono stati aboliti, ma non è sufficiente. Io non sono per i tagli lineari, si tagli a seconda delle responsabilità». Disagio anche per Elisa Filippi, che sulla questione aveva subito preso posizione: «Si può e si deve fare di più. Quando ho visto a confronto, sul giornale, i bonifici ai consiglieri e i tagli alle cooperative sociali, mi sono detta che qualcosa non torna».
La sala si anima quando l’argomento cade sull’attualità, la caduta del governo Letta per mano del Pd e di Matteo Renzi. «Uno spettacolo che richiama i momenti peggiori della Prima Repubblica», lo bolla Scalfi conquistando l’applauso. «Cosa significa cambiare rotta se hai gli stessi compagni di viaggio? Meglio era approvare la legge elettorale e andare a votare». «Speriamo sia l’ultima volta», confessa Giulia Robol, «non amo un Pd che fa killeraggio dei suoi leader, serve rispetto per le persone. Ho votato per Renzi ma per diventare premier gli serviva la legittimazione delle urne». Difende invece la «responsabilità di rischiare» Elisa Filippi, pur ammettendo che «è un momento difficile dal punto di vista umano prima ancora che politico». Ricorda i «molti errori del governo Letta» e dice: «Le cose possono cambiare perché cambieranno i rapporti di forza interni e cambierà la squadra di governo». Al popolo Pd non resta che sperare.
Sul piano locale, Scalfi si è candidato con un discorso critico nei confronti della gestione del partito di questi anni: «La logica di corrente ha premiato più la fedeltà della competenza. Il Pd è stato spesso assente, la segreteria dovrà avventurarsi sul territorio». A Scalfi, contrario ai doppi incarichi, Robol ha risposto rivendicando che «l’esperienza messa in campo nelle istituzioni è fondamentale» e ha proposto un Pd non slegato dal nazionale ma «orgoglioso del suo percorso autonomo». Diverso l’approccio di Filippi, che ha puntato più sui programmi che sul partito: «Il compito del Pd è far emergere una vocazione di sviluppo per il Trentino che parte da ambiente e conoscenza. Centri di ricerca, mobilità sostenibile, energie rinnovabili». E ha lanciato tre campagne di ascolto della base, su Europa, scuola e lavoro.
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