Schelfi, la paura del salto nel buio

Ore di incertezza e pressioni: accettare o no le primarie? E sul suo nome l’Upt è divisa: c’è chi vuole il candidato interno



TRENTO. A chi lo ha avvicinato in queste ore, e gli ha chiesto della sua disponibilità a scendere in campo, Diego Schelfi ha ripetuto «Devo vedere, devo capire». Non si è sbilanciato di più, il grande capo della Cooperazione. Per lui sono ore di decisioni impegnative, di incontri e di molte telefonate. Era pronto a candidarsi come leader di tutta la coalizione, nome trasversale e di unità quale si è sempre presentato. Ma da Pd e Patt è arrivato un no, secco e irremovibile. E allora oggi Schelfi si trova di fronte a un bivio: accettare di essere il candidato di un partito, l’Upt, e affrontare la sfida delle primarie? Oppure declinare l’offerta evitando una gara rischiosa e senza rete di salvataggio?

La decisione è tutta sua, lo sa bene anche Lorenzo Dellai che di Schelfi è il grande sponsor. In via Segantini sono giorni di grande incertezza e agitazione. Il presidente - dice chi gli è vicino - non si è espresso in modo definitivo. Ma appare difficile - sostiene chi lo conosce bene - che accetti di essere un candidato di parte, lui che da sempre è uomo di unità, attento a tenere insieme e a non dividere. «Che c’entra Diego con le primarie?», sussurra più d’uno nelle stanze della Cooperazione. Eppure ai piani alti di via Segantini le sensibilità sono diverse: c’è chi, vicino a Schelfi, lo ha visto molto carico di fronte alla prospettiva di un impegno in politica, e ritiene che il presidentissimo non debba temere le primarie da cui uscirebbe vincente. Il suo attivismo degli ultimi giorni dimostrerebbe che l’uomo è pronto a giocarsela: prima al Festival dell’economia, all’Ocse e poi da Letta, domenica alla cerimonia della festa della Repubblica, poi al Commissariato del governo per le onoreficenze, in serata alla partita della Bitumcalor. E ieri di nuovo in pista, al caseificio Presanella a Mezzana (dove ha incontrato due potenziali sfidanti alle primarie, Ugo Rossi e Tiziano Mellarini), poi vari incontri in città e un passaggio in ufficio. Sereno e imperturbabile.

Ma c’è anche chi - e non sono pochi - che lo hanno messo in guardia: «Attento Diego, se accetti e perdi poi non potrai tornare indietro. E in ogni caso ti attaccheranno ogni giorno sulla vicenda del quarto mandato funzionale alla scalata della Provincia». Come prevedibile, la sola ipotesi che Schelfi lasci il suo posto, ha scatenato una serie di reazioni in Federazione, dove tutti si interrogano sui possibili scenari e sui difficili equilibri interni in caso di un addio del capo, con molti timori sul possibile erede e con un Renato Dalpalù (presidente del Sait e vicepresidente della Federazione) considerato il candidato più naturale alla successione.Se la partita decisiva si gioca dentro la Cooperazione, un’altra - non meno delicata - si gioca in casa Upt. Dove l’iniziativa di Dellai ha spiazzato una parte del partito che ha mal digerito di trovarsi di fronte a una candidatura non concordata. «Schelfi non è stato adottato dall’Unione», è il commento gelido di un colonnello, «in un partito non c’è niente di automatico e i passaggi devono essere ancora fatti». Maretta dunque, a cui si aggiunge la delusione dei due assessori potenziali candidati - Mauro Gilmozzi e Tiziano Mellarini - che si sono sentiti scaricati ancor prima del possibile start. «Fin qui il mandato del coordinamento era di proporre un candidato unitario - sintetizza il senatore Vittorio Fravezzi - così è stato con Pacher e poi con Schelfi. Dispiace che da parte di Pd e Patt ci sia stata una chiusura, a questo punto vedremo come cambierà lo schema di gioco». Le prossime ore saranno decisive. Nell’Upt c’è chi punta a trovare una sponda nell’area cattolica del Pd, tentata dal nome rassicurante di Schelfi. Ma tutto dipenderà dalle decisioni di Diego. ©RIPRODUZIONE RISERVATA













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