Scalfi-Robol, è scontro Ipotesi Filippi più lontana
L’ex alleato: «Nessuna risposta finché Giulia non si dimette». La segretaria: «Basta pretesti per affossare Elisa». Zeni: «Non ci sono le condizioni»
TRENTO. È scontro frontale tra i due ex alleati alla segreteria del Pd, in un crescendo di fibrillazioni che rende sempre più difficile il tentativo di Elisa Filippi, su mandato dell’assemblea, di guidare una gestione unitaria del partito da qui al 2018. Dopo le contrarietà e le perplessità emerse tra i rappresentanti della sua mozione, Vanni Scalfi alza il tiro: «Non potrà esserci nessuna risposta a Filippi, e non si può fare l’assemblea, fino a quando Robol non si dimette». Tentativo congelato, dunque, se non arriverà il passo indietro della segretaria chiestole all’unanimità dall’assemblea lo scorso 16 febbraio, dopo la sua autocandidatura a sindaco di Rovereto.
Ma la diretta interessata reagisce a muso duro e alla richiesta di Scalfi risponde secca: «Le dimissioni non possono essere un pretesto per affossare il sostegno ad Elisa. Se si crede nel rilancio del progetto politico e nell'unità del Pd lo si dimostri nei fatti. In modo chiaro e trasparente, altrimenti si dica no». «Le mie dimissioni sono già sul piatto ed è noto, quest'insistenza è quantomeno strana», continua Giulia Robol, «perché non si parla del progetto politico e di come si pensa di contribuire? A me sembra il solito giochetto al boicottaggio, si dica chiaro che non ci si crede, si motivi politicamente e non con considerazioni di tipo personale, che il rilancio del Pd non interessa».
Mentre Elisa Filippi prosegue i suoi incontri - ieri ha visto i segretari di circolo - la palla torna dunque nel campo degli scalfiani, mentre la data dell’assemblea si allontana. Doveva essere venerdì, probabilmente slitterà alla prossima settimana. La presidente Lucia Fronza Crepaz non intende forzare: «Aspetto che Elisa mi dica i suoi tempi rispetto al mandato che le è stato affidato», spiega. I numeri dicono che una maggioranza risicata in assemblea la giovane renziana potrebbe anche averla. Ma in una situazione come quella del Pd, di scontri interni perenni e colpi bassi, il rischio è che basti appena per sopravvivere qualche mese. Filippi si accontenterà?
Il fuoco di fila di chi contesta questa soluzione va avanti. Dopo il capogruppo provinciale Alessio Manica, roboliano, ieri è stato il turno del consigliere provinciale Luca Zeni. Che sul suo blog ha scritto: «Appare ormai evidente che non ci sono le condizioni per una condivisione unitaria e ampia a lungo termine e proprio questo era il mandato dell’assemblea: la verifica di queste condizioni. Questo non solo intorno alla candidatura Filippi, ma a una qualunque segreteria “senza vincoli”. Infatti far ripartire un partito come il Pd richiederebbe competenze, chiarezza e unità, e questo non è possibile semplicemente cercando di incollare i frammenti di un’assemblea stanca e che ha ormai concluso il suo percorso, attraverso accordi con Tizio o con Caio. Lo si può fare con calma solo attraverso un confronto partecipato, coi cittadini, dopo aver lasciato decantare le tensioni e esserci concentrati sulle imminenti elezioni comunali». Quindi un invito, «a non farsi prendere dalla voglia di chiudere “a qualunque costo”, cercando improbabili maggioranze variabili in assemblea, e di non farsi prendere dal nervosismo. Minacciare “o io o il commissariamento” è irresponsabile oltre che infantile. Serve una gestione transitoria – questa sì unitaria – con il coinvolgimento anche di persone con un profilo istituzionale (si era parlato di Tonini, ma le soluzioni si trovano in un minuto, se si vuole) per gestire questa fase delicata».
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