Riserve all’erario, Roma “apre” alla maxitrattativa
Con la legge di stabilità il governo prevede di rinunciarvi se entro aprile 2014 verrà raggiunto un accordo complessivo: è quello che la Provincia chiedeva
TRENTO. Quattro righe appena, nella relazione illustrativa che accompagna la legge di stabilità depositata dal ministro dell’economia Saccomanni alle Camere. Quattro righe riguardanti l’articolo 13, relativo al Patto di stabilità interno delle Regioni, che però aprono uno spiraglio in parte inatteso nella partita sulle riserve all’erario che vede contrapposti Stato e Provincia. «Il comma 10 - spiega il governo - prevede che le disposizioni di cui ai commi 8 e 9 cessano di avere applicazione qualora vengano raggiunte intese, entro il 30 aprile 2014, tra lo Stato ciascuna autonomia speciale in merito all’adozione di interventi diversi, in gradi di concorrere in misura corrispondente al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica». Al netto dei riferimenti normativi, di cui si dirà, il significato è chiaro: la via “alternativa” a cui lavora la Provincia, l’assunzione cioè di deleghe di competenze di valore pari alle risorse che lo Stato intende trattenere (700 milioni nei prossimi cinque anni) rimane aperta. E se un accordo verrà raggiunto, lo Stato si impegna a accantonare la questione riserve all’erario. Attenzione però: se così non dovesse accadere, il governo ha inserito nella legge di stabilità precise disposizioni con cui superare i profili di incostituzionalità su cui la Consulta ha già sentenziato circa le riserve all’erario del 2013, che infatti ora Roma deve restituire al Trentino. Si tratta appunto dei commi 8 e 9 dell’articolo 13 citati sopra. Si tratta in particolare del comma 8, che prevede che le maggiori entrate «siano destinate - recita ancora la relazione accompagnatoria del testo di legge - alla copertura degli oneri per il servizio del debito pubblico, al fine di garantire la riduzione del debito pubblico stesso in funzione degli impegni assunti in sede comunitaria, e demanda ad un decreto del Ministero dell’economia e delle finanze le relative modalità di attuazione». La Corte costituzionale, accogliendo un ricorso della regione Sicilia, aveva infatti sancito l’illegittimità della misura delle riserve all’erario per un motivo ben preciso: il riferimento alla carenza del parametro della «copertura di nuove specifiche spese di carattere non continuativo». Si tratta dunque esattamente di quanto il presidente della Provincia Alberto Pacher temeva: l’intenzione cioè del governo di “aggirare” la sentenza in termini squisitamente legislativi, semplicemente modificando il vincolo di utilizzo delle maggiori entrate. E sperando così, in caso di nuovo ricorso (che Trento ha già annunciato) di convincere la Consulta. La partita dunque è ancora tutta da giocare. Ma l’esito, ed è ciò che conta, sarà legato soprattutto allea trattativa complessiva tra Stato e Provincia.