Referendum, inizia il «battiquorum»
Nelle ultime cinque consultazioni, soglia raggiunta solo una volta
TRENTO. Sale di ora in ora il "battiquorum" referendario. L'encefalogramma tracciato dalle precedenti tornate in Trentino è stato quantomai irregolare: dal 41,73% nel 2001, la percentuale dei votanti è scesa al 23,8% del 2003 e al 24,56% del 2005, per risalire al 56,88% del 2006 e precipitare poi al minimo storico del 16,30% di due anni fa. Ma il defibrillatore dei movimenti fa pensare a un risveglio. Non sempre, come ci si potrebbe aspettare da una provincia ligia ai suoi doveri come la nostra, abbiamo fatto meglio della media nazionale. Anzi: siamo stati sopra di 7 punti nella consultazione sulla modifica del titolo V della Costituzione, sotto di 2 in quella sul reintegro dei lavoratori licenziati, sotto di 1 sulla procreazione medica assistita, sopra di 4 sulle modifiche alla parte II della Costituzione e sotto di quasi 8 punti sul premio di maggioranza alle coalizioni. Può confortare i referendari, però, sapere che il 2 giugno 1946, quando si trattò di esprimersi sul primo dei 63 quesiti proposti agli italiani, il Trentino risultò essere la provincia con la più alta percentuale di voti favorevoli alla repubblica: l'85%, per un totale di 191.450 schede. A livello nazionale, non si può nascondere come lo strumento del referendum abbia intrapreso una parabola discendente da quasi 15 anni: dal 1997 in poi sono stati ben 22 i quesiti in cui la fatidica soglia del quorum è stata mancata, in alcuni casi largamente. In molti casi però la responsabilità può essere addebitata allo scarso coinvolgimento dell'elettorato a proposito di tematiche non sempre facili da interpretare. I promotori dei referendum di domenica e lunedì sono convinti che questa volta sarà diverso. «Assolutamente», attacca Francesca Caprini, referente provinciale dei movimenti per l'acqua pubblica. «Non azzardo cifre perché sarebbe arbitrario, ma crediamo che attorno a questo referendum si sia creata un'escalation di interesse a livello di volontariato e partecipazione popolare. Anche le forze politiche nelle ultime due settimane hanno teso a far proprie le tematiche e gli slogan dei referendum quando un mese fa i dubbi erano tanti. C'è un grande potenziale di cambiamento degli equilibri politici: mi viene in mente il referendum per il divorzio che diede un bello scossone alla politica nazionale». Per Caprini la presa di coscienza è in atto: «Si è visto anche al Festival dell'economia quanto i beni comuni siano al centro del dibattito. Gli unici che non sembrano accorgersene sono coloro che vogliono privatizzare l'acqua». C'è di più: pur trattandosi di referendum abrogativo, i movimenti hanno formulato una proposta su tariffe e finanziamento delle infrastrutture. «Questa prevede di trovare i 64 miliardi che servono per mettere a posto gli acquedotti colabrodo attraverso un prestito irredimibile, la tassazione di 5 centesimi delle bottiglie in Pet e la diminuzione delle spese militari».
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