«Quote rosa, Trentino fanalino di coda»

Cogo e il ddl sulle preferenze di genere: «Va comunque approvato subito, a questa politica serve un salto culturale»


di Paolo Morando


TRENTO. L’ha depositato ancora tre anni fa, ha sollecitato in più occasioni il proprio gruppo consiliare e l’intera maggioranza a sostenerlo, per far sì che finalmente venisse discusso. «Ma la risposta era sempre la stessa: modificare la legge elettorale avrebbe consentito a Dellai, con un blitz, di far inserire una norma utile alla sua rielezione. Oppure, di far abolire l’incompatibilità tra assessore e consigliere». Il che, in quest’ultimo caso, alla fine è avvenuto comunque, sulla spinta delle polemiche sui costi della politica. Ma con una legge “blindata”, senza possibilità di emendamenti. E così, per le preferenze di genere, ora il tempo è scaduto. E se anche l’aula approvasse il disegno di legge di Margherita Cogo entro giugno, in extremis, per le prossime elezioni provinciali sarebbe comunque troppo tardi. Ma lei non si arrende: «Approviamolo subito comunque».

Consigliere Cogo, non siamo fuori tempo massimo?

Per le prossime elezioni sì, perché lo Statuto prevede che le modifiche alla legge elettorale possano essere sottoposte a referendum su richiesta di un quinto dei consiglieri o di un cinquantesimo degli elettori entro tre mesi dalla loro pubblicazione. Ma già a fine agosto verranno convocati i comizi elettorali, e sarebbe rischioso far partire la macchina del voto con nuove norme ma con la possibilità che sulle stesse venga chiesto un pronunciamento popolare. Tutto potrebbe essere invalidato.

E allora perché tanta fretta? Non avrebbe più senso attendere la nuova legislatura?

Al contrario. Basterebbe approvare le modifiche prevedendone l’entrata in vigore dal 2018. Sarebbe tra l’altro un provvedimento che non condizionerebbe in alcun modo la rielezione dei colleghi maschi.

Sperando che il prossimo ottobre a cambiare le cose siano comunque gli elettori.

Già. Anche se per ora non mi sembra di vedere un cambiamento culturale in grado di rassicurare le donne.

Le sue proposte?

Sono semplici: se l’elettore decide di attribuire più di una preferenza, e il limite è di tre, non possono andare a candidati dello stesso sesso. E il 30% della giunta deve essere composto da donne.

Possibilità concrete di vederle approvate?

In commissione mi è già stato preannunciato ostruzionismo a oltranza. Dicono che sono misure umilianti per le donne, che se una donna è brava non ne ha bisogno per essere eletta, ma a dirlo sono sempre e solo maschi. Il punto è prima di tutto culturale: esiste uno svantaggio di partenza, che va eliminato.

La consigliere Franca Penasa, eletta per la Lega Nord, è dalla sua parte?

Anche lei ha depositato un disegno di legge per la doppia preferenza. Ma la maggioranza, in commissione e in aula, è maschile. A me preme che il Trentino non rimanga fanalino di coda. In tutta Italia, nei Comuni, le preferenze di genere esistono già, qui no: vogliamo continuare così?

Un’altra obiezione è questa: le donne costituiscono la maggioranza dell’elettorato, se non si votano tra di loro un motivo ci sarà.

Ancora dieci anni fa la Commissione nazionale per le pari opportunità pubblicò uno studio, che dimostrava come le elettrici siano disposte a votare donne, ma a patto che queste abbiano maturato visibilità ed esperienza amministrativa. Ma finché non si allargheranno le maglie, continueranno a restare pochissime.

Il suo partito, il Pd, che cosa pensa di fare per le prossime elezioni provinciali in chiave quote rosa? Vedremo uomini e donne alternati nell’ordine di lista?

Cinque anni fa il partito aveva detto: investiamo su Pacher e Flavia Giuliani. Risultato: eletto solo Pacher. Prima ancora della cosiddetta “lista a pettine”, e mi auguro che qualcuno avanzi comunque la proposta, il Pd deve dire su chi intende puntare. Dire cioè: vogliamo far eleggere queste persone. Per gli uomini si è sempre fatto.Ebbene, lo si faccia anche per due o tre donne. Magari promuovendole anche in tv.

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