Quei duecento cani e gatti nel “ricovero” di Nella Ruz
Canile a Trento, una storia infinita: nel 1976 ne venne annunciata la realizzazione poi anni di polemiche per i randagi ospitati alle Ghiaie, con sgomberi e sentenze
TRENTO. Il nuovo canile comunale si trasferirà (forse) nella zona della Vela lasciando libera l’attuale struttura di maso Sembenotti in via delle Bettine nella zona di Campotrentino, tra la circonvallazione e l’autostrada. Il luogo del nuovo canile è stato comunicato giorni fa dall’assessore comunale Michelangelo Marchesi, il che, salvo la verifica dei tempi e l’opposizione di Melchiorre Redolfi presidente della Circoscrizione, potrebbe consentire la soluzione di un problema che sta diventando “antico”. Basti pensare che risale al 1976 l’annuncio dell’allora sindaco Giorgio Tononi della «prossima realizzazione» di un canile vero e proprio. La collocazione attuale a maso Sembenotti venne salutata con entusiasmo venti anni fa quando fu inaugurata nell’ottobre 1992. Di lì a poco ci si accorse che quella sede non poteva essere veramente definitiva a causa della ristrettezza degli spazi.
In attesa della soluzione, auspicabilmente definitiva, alla Vela, va ricordato che il canile municipale di Trento ha una sua piccola storia che a lungo si intreccia anche con le vicende del ricovero per cani e gatti gestito dalla signora Nella Ruz alle Ghiaie, nella zona di Spini di Gardolo. E proprio questo legame non è stato estraneo ai ritardi nell’apertura di un vero centro per la cura dei cani abbandonati. Il punto di partenza sta nel fatto che un vero e proprio canile municipale in città non era mai esistito. I cani randagi, abbandonati, oppure raccolti dopo che si sono persi, venivano portati al macello comunale di via Maccani dove il personale si faceva carico della loro cura. Lo spazio però era molto ridotto. Sin dai primi anni Settanta ad accogliere i cani randagi o abbandonati era invece Nella Ruz che, assieme al marito, aveva adibito a ricovero per animali il cortile ed una baracca in prossimità della loro abitazione alle Ghiaie. Le condizioni igieniche però erano precarie tanto che proprio per questo nel 1976 il sindaco Tononi fece l’annuncio della prossima realizzazione del canile municipale. Tutto poi si è fermato ed il ricovero per animali alle Ghiaie ha continuato a funzionare pur essendo inadeguato: era l’unica struttura di accoglienza disponibile, oltre al piccolo spazio nel macello. In più, la stessa signora Ruz aveva sviluppato un fortissimo legame con gli animali tanto da non accettare di separarsene nonostante il loro numero fosse spesso eccessivo rispetto allo spiazzo a disposizione. Si levarono anche frequenti proteste da parte dei residenti nella zona di Spini e delle Ghiaie per i disagi provocati da quella concentrazione di cani.
Fu anche per questo che nel 1984 il sindaco Adriano Goio firmò una prima, inapplicata, ordinanza di sgombero. In quel periodo, a sostegno anche economico e pratico di Nella Ruz, si era creata l’Associazione “Amici di San Francesco”, ma il problema vero, quello di creare un canile degno di questo nome, rimaneva irrisolto. Tanto che, se si fosse sgomberato quello alle Ghiaie, nessuno avrebbe saputo dove portare le molte decine di cani, e gatti, che vi erano ospitati. Ci fu un momento in cui ne vennero contati duecento. Fu quindi nel 1991 che la giunta del sindaco Lorenzo Dellai, con Iva Berasi assessore, decise di trasformare in canile le adiacenze di maso Sembenotti, edificio che era stato acquisito dalla Provincia ai tempi della costruzione della circonvallazione. Un anno dopo, nell’ottobre 1992, il canile venne finalmente aperto con la presenza al suo interno di soli 17 cani, ma erano in corso di lavori per creare spazi ed attrezzature per accoglierne fino a 160. In occasione dell’inaugurazione fu comunicato che le spese di allestimento erano arrivate a due miliardi di lire. La gestione per il momento venne affidata a personale comunale e poi all’associazione “Pan-Eppaa” che già gestiva la struttura di Rovereto.
A quel punto non vi erano più ostacoli per chiudere il ricovero di Nella Ruz, ma l’ordinanza di sgombero emessa nel 1993 dal sindaco Dellai fu bloccata da un ricorso al Tar. Tutto pertanto rimase come prima fino al 1996 quando i giudici amministrativi diedero ragione al Comune. Nel frattempo però si era verificato un colpo di scena: nel 1994 Nella Ruz e la sua associazione vinse l’appalto bandito dal Comune per l’affidamento del canile scalzando così la “Pan-Eppaa”. La gestione affidata agli “Amici di San Francesco” durò solo fino alla fine di maggio 1995 quando, per l’inadeguatezza, l’amministrazione pubblica la riprese in carico. A rendere allora tutto più difficile concorse il fatto che il ricovero per i cani delle Ghiaie non era mai stato chiuso. Si arrivò quindi al punto di stallo: c’era in funzione un canile comunale da due miliardi di lire e c’era pure un ricovero privato assolutamente inadeguato da cui gli animali dovevano essere tolti anche per ragioni di igiene. Seguirono due ordinanze di sgombero per Nella Ruz, nel 1996 e nel 1998, rimaste inefficaci. Intanto col passare del tempo il canile municipale aveva preso pienamente a funzionare tramite l’appalto assegnato alla Lega nazionale per la difesa del cane. Anche per questo il ricovero delle Ghiaie fu sempre meno affollato di cani finché Nella Ruz all’età di 86 anni lo ha chiuso nello scorso anno.
©RIPRODUZIONE RISERVATA