Poletti: «La mia vita col braccialetto»

Arrigo (con volto coperto) alle «Iene» per parlare dei suoi domiciliari particolari



TRENTO. Il volto è coperto ma non ci sono dubbi. Il testimonial scelto dalle «Iene» per sostenere l'utilizzo massiccio del braccialetto eletronico, è il trentino Arrigo Poletti. Che ha aperto le porte della sua casa sopra il Buonconsiglio alla «iena» Luigi Pelazza per raccontare la sua vita ai domiciliari con un braccialeto (in realtà si allaccia alla caviglia) che lo tiene monitorato 24 ore su 24.

Arrigo Poletti è stato uno dei primi in Italia ad utilizzare questo strumento che gli ha permesso di lasciare il carcere - dove è stato per 14 mesi come lui stesso a raccontato nella trasmissione andata in onda giovedì sera - e continuare a scontare la pena a casa sua.

In televisione (dove lo hanno chiamato «Mario») ha spiegato di esser stato condannato per una bancarotta fraudolenta tre anni fa. «Ho fatto 14 mesi di carcere preventivo - ha spiegato al microfono della trasmissione di Italia Uno - e dopo due volte che mi sono stati negati gli arresti domiciliari, mi sono stati concessi con l'uso del braccialetto». Ha poi mostrato la centralina che manda un segnale d'allarme nel caso di comportamenti che siano vietati. Ha spiegato come all'interno della casa possa muoversi in tranquillità e possa accedere anche al giardino fino al cancello d'ingresso. «Potrei andare fino lì - ha spiegato indicando un punto ad un paio di metri dal cancello - ma non mi fido e quindi resto qui».

Poletti ha raccontato anche del periodo passato in cacere: «E' stata particolarmente dura - ha detto - si trattava di un carcere molto vecchio (la casa circondariale di via Pilati, ndr) e sovraffollato. La cella era di sette metri quadri ed eravamo in tre persone». Insomma ora si trova in una situazione molto diversa e come ha sotolineato lo stesso Pelazza, più «umana». Il servizio voleva evidenziare come l'uso del braccialetto elettronico potrebbe risolvere anche i problemi di sovraffollamento delle carceri italiana ma che in realtà è utilizzato pochissimo. In Italia, è stato spiegato, è in uso solo in tre casi.

Il braccialetto elettronico è indossato alla caviglia e un'unità di sorveglianza locale, simile ad una comune radiosveglia, viene installata nell'abitazione del soggetto e riceve i segnali inviati dal braccialetto all'interno di un perimetro ben definito. Il detenuto deve rimanere nel raggio di comunicazione delle due periferiche: in caso contrario scatta immediatamente l'allarme. Se il detenuto si muove al di fuori del perimetro prestabilito - o danneggi in qualche modo il braccialetto o la centralina - viene immediatamente avvertita la centrale operativa delle forze dell'ordine. L'operatore quindi può immediatamente mettersi in contatto telefonico con il soggetto per ottenere spiegazioni in merito al segnale di allarme. In caso di evasione, viene immediatamente inviata sul posto la pattuglia.













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