Pacher, ora è gelo con Rossi e Olivi

Dopo il “ni” del presidente il Patt non molla sulle primarie Domani ennesima assemblea del Pd: ma i tempi stringono


di Paolo Morando


TRENTO. La fotografia che vedete a centro pagina non è stata scattata l’altro ieri, dopo l’ultima seduta di giunta: quella che ha visto Pacher, Rossi, Olivi e gli altri assessori provinciali a tu per tu nella stessa stanza, a interrogarsi sulla possibile disponibilità del presidente reggente a ricandidarsi alla guida della coalizione. È invece di qualche settimana fa, quando il no di Pacher sembrava irremovibile. Ma a suo modo quella immagine è perfetta per raccontare l’attuale stato dei rapporti tra chi, per anni, ha condiviso la guida della Provincia: con i due assessori da settimane in pista come candidati presidenti, chi più (Rossi, con dietro l’intero Patt) e chi meno (Olivi, in attesa di un sostegno dell’intero Pd), che non incrociano lo sguardo di Pacher. Che anzi sembrano ignorare con freddezza. E infatti venerdì scorso, prima della consueta conferenza stampa del dopo giunta, proprio Rossi e Olivi si sono a lungo appartati per discutere fittamente e animatamente. La probabile riuscita in extremis del pressing su Pacher da parte dei vertici del Pd li ha infatti spiazzati: dopo mesi di no dell’interessato, la prospettiva di una loro competizione alle primarie (con il Pd in qualche modo costretto a sostenere unitariamente Olivi) sembrava la più logica. Sempre l’altro ieri, in serata, è poi arrivata la proposta ufficiale di Pacher da parte del Pd al tavolo della coalizione. Un ulteriore fulmine a ciel sereno, per i due assessori. Che forse, in queste settimane, avevano già pianificato un’alleanza, magari in vista della possibilità di fare a meno delle primarie: un sostegno reciproco tale da assicurare a Olivi il lasciapassare del Patt a una sua candidatura unitaria senza primarie, in cambio della poltrona di vice per lo stesso autonomista.

Comunque sia andata, oggi i rapporti tra i due assessori e Pacher sono ai minimi termini. Non che nessuno lo dica, si capisce. Ma gli sguardi e i silenzi di venerdì scorso la dicevano lunga. E non sembra affatto che nelle ultime ore un chiarimento reciproco sia arrivato. Non a caso Rossi tiene il punto sulla posizione del proprio partito. Che, dice, «è chiarissima da almeno un anno: abbiamo messo il nostro programma a disposizione della coalizione, certo magari da affinare con il contributo degli alleati, e abbiamo individuato una persona per portarlo avanti. Ma poiché stiamo appunto in una coalizione, e sappiamo che anche gli altri partiti possono contare su figure di caratura uguale se non superiore, non imponiamo niente a nessuno. E riteniamo che debbano essere i cittadini a scegliere, attraverso le primarie, dando la possibilità alle diverse sensibilità di potersi misurare in una logica di unità». E tanto basta a Rossi per chiudere il discorso, rimandando dunque la palla nel campo del Pd. Che domani, tra coordinamento e assemblea, dovrà sciogliere quei “nodi politici” che Pacher ha sempre indicato come d’ostacolo alla propria candidatura.

Avverrà? Non avverrà? Sono ormai diventati numerosi i lunedì in cui il Pd, riunito nei vari organi, avrebbe dovuto trovare la “quadra”. Il senatore Giorgio Tonini è comunque abbastanza ottimista circa la possibilità che questo avvenga. Non fosse altro perché i tempi si stanno facendo stretti. E lo spettacolo offerto alla pubblica opinione non esattamente edificante, un po’ come avvenne a inizio anno con la telenovela sulle candidature al Senato. «Abbiamo fatto passi avanti, speriamo di riuscire a convincere Pacher», afferma, sottolineando come in queste settimane una sua ricandidatura, benché negata, si sia comunque affermata come l’unica in grado di mettere d’accordo tutti i partiti del centrosinistra autonomista. Ed è ottimista Tonini anche sulla posizione del Patt: «Pongono comunque il problema delle primarie, è vero, ma in una coalizione ciascuna forza deve sempre venire incontro alle altre». Resta da vedere se domani Pacher prenderà parte ai lavori dell’assemblea, di cui peraltro fa parte di diritto. Se dunque lì scioglierà la riserva o se deciderà di farlo nei giorni seguenti, quando sarà riconvocato il tavolo della coalizione. Ma è chiaro che non tutti si augurano che lo faccia.

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