Ospedale, la grande truffa dei rimborsi
Azienda sanitaria, svelati gli scambi tra Maria Angelica Cappelletti e i familiari
TRENTO. Ad una determinata spesa (che fosse per l'acquisto delle tende plissè o di un escavatore) corrispondevano uno o più bonifici (con sempre mittente l'Azienda sanitaria) che coprivano esattamente l'importo dell'uscita. Questa la tesi che ieri è stata sostenuta in aula dal pm Licia Scagliarini nel processo contro Eugenio Cappelletti e Mauro Biasiolli, rispettivamente fratello e marito di Maria Angelica Cappelletti la ragioniera «infedele» dell'Azienda sanitaria.
E con in mano estratti conto e fatture la pm ha voluto sostenere che i due non potevano non sapere da dove arriva tutto il denaro e quindi che erano consci della colossale truffa in atto. Gran parte delle due ore abbondanti di udienza sono state dedicate alle domande ad un finanziere chiamato a far luce sulle carte sequestrate e sul metodo usato per arrivare alla costruzione dell'impianto accusatorio. E la parte del leone l'hanno fatta le analisi su due conti correnti: quello cointestato a Maria Angelica e al marito e quello di Eugenio Cappelletti e della moglie. Conti correnti sui quali sarebbero convogliati i bonifici per rimborsi sanitari fasulli.
In particolare la pm ha sottolineato come ci fosse una corrispondenza fra le spese di Eugenio e della moglie e le entrate finite sotto la lente di ingrandimento della procura. Per l'Azienda sanitaria la moglie di Eugenio era conosciuta perché aveva diritto a dei rimborsi che la finanza ha quantificato in circa 30 mila euro. Ma i bonifici dell'Azienda verso questo conto corrente sarebbero state 10 volte tante. E secondo l'accusa i due non potevano non sapere. Ad esempio è stata portata la fattura per l'acquisto di tende plissè da 1.388 euro. Due giorni dopo nei computer dell'azienda entrava una richiesta di rimborso per protesi di esattamente 1.388 euro. Che sarebbero quindi finiti su quel conto.
Non solo. Anche l'acquisto di un camper (circa 50 mila euro) sarebbe stato coperto nello stesso modo. E anche quello di pari cifra per un escavatore per la ditta di famiglia (la Cappelletti sas) avrebbe avuto lo stesso destino: coperto con 6 bonifici dell'Azienda da circa 9 mila euro. Le rate per il macchinario - sostiene l'accusa - erano da 9.200. Sul conto dell'impresa non sarebbero arrivati direttamente i bonifici ma sarebbero stati alimentati da Maria Angelica e dal padre. Insomma carte che secondo l'accusa dimostrano che gli indagati non potevano non sapere. E c'è un altro tassello. Il militare della finanza ha, infatti, spiegato che durante la perquisizione dell'ufficio di Maria Angelica sono state trovate le fatture per le tende, per il camper e per l'escavatore. Non era in un fascicolo, non erano nelle case di chi quelle spese le aveva fatte, ma in ufficio.
È stato poi sentito Bocchi che all'epoca dei fatti era il diretto superiore dell'impiegata. Bocchi ha avuto per l'indagata parole di grande stima spiegando che gli era stata presentata dai suoi predecessori come una ragioniera molto precisa e molto brava. E lui non ha mai pensato nulla di diverso fino a quando la truffa non è emersa. Era lui a dover fare i controlli ma ha detto che le false pratiche erano preparate in modo da non far emergere sospetti: la cifra corrispondeva sempre alla presunta erogazione. E, incalzato da Ceola avvocato difensore di tutti i Cappelletti, ha detto anche come Maria Angelica con il suo lavoro abbia permesso all'Azienda di recuperare 600 mila euro non dovuti.