Olivi: «Accordo sui festivi, noi ci siamo»
L’assessore risponde a Dalpalù (Sait): «Protocollo pronto dal 2013, un’intesa territoriale sarebbe un salto di qualità»
TRENTO. Il presidente del Sait Renato Dalpalù rilancia un accordo tra gli operatori della grande distribuzione che regolamenti le aperture festive, e chiede alla politica di farsi promotore (Trentino di ieri). «Siamo pronti a rimetterci al tavolo anche domani per lavorare ad un’intesa territoriale che tenga conto del diritto alla concorrenza e insieme del diritto a conciliare i tempi di lavoro con i tempi di vita», risponde l’assessore provinciale al commercio Alessandro Olivi.
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«In realtà siamo pronti da anni, perché un documento era già pronto l’11 febbraio 2013 dopo un percorso di confronto tra categorie e sindacati». Peccato che in calce a quell’accordo mancassero firme importanti: c’erano quelle della Cooperazione, di Confesercenti, dei commercianti al dettaglio dell’Unione commercio, di Filcams Cgil, Fisascat Cisl e UilTucs; alla fine però Poli si tirò indietro e non se ne fece nulla. Partì così la corsa alle aperture anche in Trentino, forte della legge Monti che in nome delle norme europee sulla concorrenza aveva introdotto una totale deregulation e spazzato via la legge provinciale 17 del 2010, la cosiddetta legge Olivi sul commercio: liberi tutti di aprire senza limiti di giorni e di orari, la ricetta Monti.
«Una sconfitta», riflette Olivi, «una cattiva norma che entrò a gamba tesa in un settore che era prerogativa delle Regioni e che, sul piano sostanziale, ha finito per premiare la grande distribuzione che può fare economie di scala, e per drogare il sistema per cui i piccoli commercianti sono stati costretti a rincorrere quel modello».
La liberalizzazione selvaggia, avverte l’assessore, non è un destino obbligato, a livello europeo non tutti i Paesi hanno imboccato la strada italiana: «Altri Stati, non meno evoluti, dalla Germania all’area tedesca, alla Francia, perfino la Spagna, hanno salvaguardato la potestà dei territori di regolamentare il settore». «Prima del decreto Monti - ricorda Olivi - in Italia vigevano i contingenti per cui ogni Regione decideva un certo numero di aperture festive. La nostra legge aveva previsto un meccanismo forse complicato ma che valorizzava l’autonomia dei Comuni, introduceva un principio di partecipazione e un modello flessibile: aperture tutto l’anno nei Comuni turistici, mentre i Comuni urbani potevano definire un proprio calendario dentro un percorso di concertazione con le categorie economiche, i rappresentanti dei lavoratori e i consumatori.
Rovereto preparò un piano, Pergine si mosse, Trento discuteva. Ma la via trentina alle aperture festive non resse all’onda della liberalizzazione «e non ci fu il coraggio di impugnare la legge Monti», ammette oggi Olivi. Il quale si fece però dare un parere dall’ex presidente della Consulta Valerio Onida, che definì la legge trentina coerente con i principi costituzionali, rispettosa del pluralismo distributivo (grandi catene, negozi di prossimità) e dei tempi della città.
Sollecitato dai sindacati, l’assessore partì anche da quel parere per riaprire il dialogo con le categorie: «Il senso era verificare se fosse possibile arrivare ad autoregolamentarci anche per dare un segno culturale». Come detto, non ci si riuscì e da allora fu una corsa alle aperture. «Riconosco che Dalpalù sedette al tavolo con quello spirito», spiega Olivi, «purtroppo il sistema trentino si è omologato, temendo di essere superato dalle grandi catene internazionali che aprivano ai nostri confini veneti. Noi siamo pronti a anche domani a rimetterci al tavolo, a condizione che ci sia la volontà di affrontare il tema della sostenibilità sociale delle aperture indiscriminate.
Serve un impegno a chiudere in alcune festività importanti». «Riaffidiamo ai Comuni un processo di confronto, un accordo territoriale sarebbe un messaggio al legislatore nazionale e alle altre Regioni - insiste Olivi - io lo considererei un passo avanti in una direzione europea». Un sistema di turni come rilancia Dalpalù? «Sarebbe un salto di qualità enorme, così come è bene discutere di flessibilità degli orari, magari ai clienti fa più comodo un supermercato aperto fino alle 21.30». La strada resta in salita, ma la recente sentenza del tribunale del lavoro di Rovereto (il lavoro festivo non è obbligatorio) ha smosso le acque.
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