tribunale

Non paga la vincita Agenzia Snai a processo

I soldi, 1.800 euro, incassati da un figlio della titolare. La società di gestione chiamata come responsabile civile su richiesta dei legali Romano e Valer


di Luca Marognoli


TRENTO. Una vincita di 1800 euro incassata dai titolari dell’agenzia di scommesse, invece che da chi l’aveva giocata. Le minacce di “spezzare le gambe” ai due giovani giocatori che sollecitavano il pagamento. La titolare e i due figli che finiscono a processo con il giudice Giovanni De Donato che acconsente alla richiesta delle parti offese, rappresentate dai legali Gennaro Romano e Giuliano Valer, di chiamare come responsabile civile Snai, la società che gestisce le scommesse su scala nazionale.

La vicenda risale al dicembre 2013 ed è approdata in aula ieri, dopo una lunga istruttoria. Questi i fatti, secondo l’accusa: pochi giorni prima di Natale i due giovani si presentano al Punto Snai di piazza Venezia per giocare e vincono 507 euro, ma all’agenzia si rifiutano di pagare, dicendosi a corto di liquidità. La coppia decide di rigiocarsi tutto il giorno dopo, contando sul fatto che in caso di vincita superiore ai mille euro il pagamento deve essere effettuato non più per contanti ma per bonifico. Punta su cinque eventi sportivi (quattro di basket e uno di volley) e, dopo una serata di emozioni condivise su Whatsapp (i messaggi sono stati prodotti in giudizio assieme alla fotocopia della schedina vincente), “sbanca”, trovandosi con una vincita più che triplicata: 1.810 euro. Ventiquattr’ore dopo ritorna quindi al Punto Snai per l’incasso, ma questa volta uno dei due giovani, temendo nuovi problemi, registra la conversazione con il telefonino. Stando al testo prodotto dai legali delle parti offese, uno dei figli della titolare chiede ai giovani di fargli “un bel regalo”, poi dice che per lui la situazione è nuova perché nessuno ha vinto cifre superiori ai mille euro e aggiunge che servono i dati bancari per l’accredito. Ma passano le ore e i soldi sul conto corrente non arrivano. I due giocatori chiamano la Snai e vengono a sapere che l’agenzia aveva l’obbligo di rilasciare una ricevuta. Tornano con un amico in piazza Venezia per sollecitare il pagamento ma uno di loro viene investito da una raffica di improperi.

Una settimana dopo, il secondo giovane si presenta in agenzia in compagnia del padre che rimedia anche lui uno spintone. Volano altre parole pesanti (per l’accusa rivolte dalla titolare al giocatore) e arrivano i carabinieri. In presenza dei militari, i gestori assicurano una soluzione bonaria della vicenda, ma quando il giovane esce si sente minacciare da uno dei figli: «Sappiamo in che squadra giochi, ti facciamo spezzare le gambe».

I giocatori decidono di rivolgersi all’avvocato Romano che invia ai titolari dell’agenzia una diffida ad adempiere. Il legale dei secondi però replica che la schedina è stata incassata dal legittimo possessore del biglietto.

Finisce che La Procura dà ragione ai querelanti e avvia un procedimento penale per appropriazione indebita aggravata in concorso e minaccia. Ieri la difesa ha chiesto il rito abbreviato, mentre i legali delle parti offese hanno ottenuto che Snai sia chiamata nel procedimento come responsabile civile.

Sabina Zullo, legale dei tre imputati, dà una versione completamente diversa dei fatti: «La vincita è stata pagata dalla titolare al portatore del biglietto, uno dei figli, che però non ha nessun contatto diretto con la ricevitoria. Sembra che i due querelanti siano noti nell’ambiente delle scommesse per giocare a credito o fare i furbi». L’udienza è stata rinviata di un mese.

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