Migliaia di secessionisti a Brunico: ci sono pure i trentini
«Via dall’Italia». Thaler ringrazia la Lega: «È un nostro diritto». E c’è pure la bandiera dal Trentino
BRUNICO. Organizzata dagli Schützen, ma gli Schützen non c’erano. O meglio, c’erano, ma non erano vestiti da Schützen. Cioè, erano vestiti da Schützen ma senza il cappello piumato, ossia senza la vera ufficialità. Stiamo parlando della manifestazione secessionista organizzata ieri a Brunico, alla presenza di un paio di migliaia di persone. Benedetta dal leader leghista Matteo Salvini (ringraziato dal comandante dei tiratori Thaler), si intitolava Iatz, ossia jetzt, ossia adesso, subito.
C’erano i secessionisti delle Fiandre (numerosissimi e con la loro banda di percussionisti), della Baviera, della Lombardia, del Friuli, di Trieste, del Veneto, più gli immancabili pantirolesi trentini con un la bandiera «Trentino non è Italia». C’erano però soprattutto le famiglie: mamme, papà, bambini sudtirolesi, tutti bandierina rossobianca in mano, a urlare a squarciagola il loro Los von Rom. Col sorriso sulle labbra.
Una festa campestre durata ore: birra e würstel, strauben e lagrein. Il tutto condito da schioccatori di frusta (donne comprese) e schuhplattler (donne comprese). Più vari e partecipati concerti dal vivo di volksmusik, sia classica che rock-contemporanea. E i discorsi ufficiali dal palco, anche in inglese ma non in italiano.
Incentrati sul no al ristabilimento del confine al Brennero, basta coi pellegrinaggi a Roma a pietire, siamo stufi delle poste che non funzionano e pure delle previsioni meteo della Provincia, che se li ascoltavamo davano pioggia e non ci riunivamo mica. E se crediamo alla secessione, ce la possiamo fare. Sembrerebbe un disco rotto, ma non è così, almeno per un unico solidissimo motivo: tanti giovani e ragazzi, anzi ragazzini, anzi bambini. Se in Italia la passione per la politica pare quasi scomparsa, allora si può ben dire che questa fetta di Südtirol ist nicht Italien. Perché, qui, le giovani generazioni ci sono.
Prima la gara di corsa a staffetta per il Centro; come testimone un bastoncino, ovviamente biancorosso. Ha corso anche Pius Leitner, coi lederhosen. Ma c’è chi ha corso col grembiule blu, chi con gli scarponi in pelle da contadino di montagna e la camicia a quadretti biancorossi. Ovunque, stand culinari. E poi gadget e marketing politico-popolar-secessionista. Vale la pena citare, per chi non ci è mai stato. Prima le felpe della fedeltà territoriale: «Dem Land Tirol di ewige Treue». Con aquila tirolensis. E ci sono le signore in sexy-dirndl, con figlie al seguito. «Questo non è il nostro Stato», recita uno striscione. «Un paese, tre lingue, una identità», sta su un altro striscione.