Le «signore del parco»: ridateci le panchine
Nel giardino Garbari di Villazzano 3 ne sono rimaste un paio, le altre sono state distrutte dai vandali. Loro si sono portate le sdraio ma sono sparite anche quelle
TRENTO. Nelle ultime settimane hanno pure trovato i finferli. E il risotto con i funghi è stato piuttosto abbondante, ha dato soddisfazione. Magra consolazione perché nel giardino Garbari di Villazzano 3 (sopra Madonna Bianca, a fianco di villa «O Santissima», chiusa ormai da anni) cresceranno anche i gallinacci ma spariscono le panchine. Una quindicina di signore che abita nelle Torri lì vicine, la numero 12 affaccia proprio sul parco, da anni si ritrova all’entrata del giardino che deve il nome al botanico che lo pensò ancora nel secolo scorso. Un giardino, o un parco, in questo caso fa poca differenza, ricco di piante rare ed esotiche, diverse delle quali secolari, tra sequoie, faggi e cedri.
E’ un appuntamento giornaliero, pomeridiano, tra amiche che si frequentano da tempo. Si raccontano le loro storie, di vita quotidiana, gioie e magari qualche dolore. E passeggiano. E fino a qualche mese fa si sedevano sulle panchine di legno. Almeno quando il tempo reggeva, visto che quest’estate non è che sia stato particolarmente benevolo. «Peccato – raccontano in coro – che della decina di panchine ne è rimasto un paio. Le altre sono state rovinate, spaccate da qualche vandalo. Erano praticamente inutilizzabili tanto che il Comune, una alla volta, le ha portate vie. Rimangono i segni per terra, e nient’atro.
Nei giorni scorsi qualcuno ha pure spaccato il cancello di ingresso, che la sera si chiude automaticamente preceduto dall’avviso, registrato, di “sgombero”, rivolto a chi si trova nell’area. Ma l’hanno riparato subito. Purtroppo, è un anno e forse più che aspettiamo che rimettano le “nostre” panchine. Abbiamo telefonato diverse volte alla giardineria comunale. Ci dicono sempre che quelle nuove, in ferro, sono pronte, ma noi non le abbiamo ancora viste. Se poi, ogni tanto, passasse qualche vigile non sarebbe male. Custodi non ce ne sono più e non è un posto tanto sicuro se si gira da sole». Le signore, comunque, non si sono perse d’animo. Per i pochi giorni di bel tempo hanno rimediato all’assenza, posto rimedio al problema, agito concretamente, ma non per questo demordono a che la questione si risolva una volta per tutte.
«E’ bastato poco, un giro di telefonate. Ci siamo prese le nostre sdraio. Così, piazzate in mezzo al prato, vicino agli alberi, abbiamo continuato a raccontarcela. Pensi – proseguono – che ci eravamo pure portate un piccolo tavolino fai da te. Anche quello hanno fatto sparire». Intorno al faggio secolare corrono le transenne a delimitare, se non più, lo spazio di «competenza» dell’ampia chioma. Il grande albero è malato, e si vede dalle foglie secche e marce. Può essere pericoloso, a rischio caduta. «E’ lì da tempo – commenta il gruppo col quale passeggiamo lungo il sentiero del parco – Abbiamo sentito dire che, forse, lo tagliano. Stiamo a vedere. Intanto, speriamo che ci portino presto le panchine, magari è la volta buona che esce il sole».