La sentenza: Kaswalder espulso dal Patt
Il consiglio di disciplina ha deciso: «Il consigliere è fuori dal partito». Panizza: «Non è una questione politica, ma di rispetto»
TRENTO. Come previsto. A una settimana esatta dal contraddittorio con «l’imputato» - dove con un colpo di scena Walter Kaswalder si era presentato accompagnato dal suo legale, il consigliere Rodolfo Borga - il collegio di disciplina del Patt ha deciso: espulsione. La commissione (presieduto da Francesco Fedrizzi e composto da Vittorio Carlini, Vittorina Fellin, Marco Graziola e Italo Fiorini) si è riunita ieri pomeriggio alle 15, poco prima delle 19 la decisione. Da Washington, dove partecipava alla cerimonia di insediamento di Donald Trump come 45° presidente degli Stati Uniti, il segretario Franco Panizza commenta così: «Come ho già detto nei giorni scorsi, non è una questione politica, ma di metodo e di rispetto per gli esponenti e gli organi del partito».
Una sentenza largamente annunciata, caldeggiata dai vertici del partito. Si tratta - lo ricordiamo - di un pronunciamento di primo grado, contro il quale Kaswalder, come ha già annunciato di voler fare, potrà presentare ricorso ai probiviri.
Ma al di là di quali saranno i prossimi passaggi, il dato è tutto politico e sancisce una frattura in atto da mesi tra l’ex presidente, un pezzo della storia autonomista, e il suo partito.
Dopo vari tira e molla e una breve tregua, lo scorso 21 novembre la giunta del Patt (con 14 voti a favore, un contrario e 2 astensioni) ha votato il deferimento di Kaswalder sulla base di un lungo elenco di contestazioni: tra le altre, i 37 voti espressi dal consigliere in aula in difformità dalla maggioranza (su omofobia, profughi, punti nascita e molto altro), la candidatura accettata a vicepresidente del consiglio regionale mentre il partito aveva candidato il capogruppo Lorenzo Ossanna, le dure critiche rivolte in aula all'azione della giunta provinciale e regionale guidata da Ugo Rossi e all'operato dell'assessore Michele Dallapiccola, un aggressione allo stesso Dallapiccola (unico punto su cui Kaswalder si è scusato, spiegando però di aver reagito ad un insulto rivolto dall’assessore a sua madre), l'assenza al voto sull'assestamento di bilancio in consiglio regionale che non ottenne la maggioranza, in ultimo l'essersi esplicitamente schierato per il "no" al referendum costituzionale dove il Patt era invece fortemente impegnato per il sì alla riforma.
In una memoria difensiva di 25 pagine, Kaswalder ha ribattuto punto su punto. Ha presentato una dettagliata relazione sulle presenze e le votazioni, dove rileva di non essere l’unico ad aver votato in modo difforme e evidenzia le tante assenze ingiustificate di alcuni colleghi di partito. Per Kaswalder è il Patt, non lui, ad avere tradito i valori autonomisti, e di aver agito di conseguenza: «Io sono sempre stato fedele ai valori del partito scritti nello statuto, per cui o cambiano lo statuto, e in quel caso me ne andrò, o farò di tutto per rimanere». Il consigliere è già pronto a dare battaglia: ricorrerà ai probiviri e se anche loro confermeranno l’espulsione, ha annunciato che valuterà una causa civile al partito: «Chiederò i danni, al Patt ho dedicato 44 anni».
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