La crisi della politica: partiti monarchici e leader carismatici
Parla Elio Veltri che oggi sarà a Trento: «Abbiamo bisogno dei partiti, ma che si reggano sulla democrazia interna»
di Paolo Mantovan
Elio Veltri comincia la sua lotta “ai partiti da dentro i partiti” fin da quando nel 1981 viene espulso dal Psi («Me ne andai io», ci apostrofa), per volere di Craxi. «Sì, sono uscito in polemica con Craxi. E mi sembrava che si stesse facendo strame della democrazia interna dei partiti. Macché: allora eravamo ancora dentro le regole, invece, nonostante le forzature. Diciamo che fu da allora che cominciò il caos».
Nel frattempo Elio Veltri passò da Democrazia Proletaria, poi fu eletto con l’Ulivo (Pds), poi fondò l’Italia dei Valori e poi se uscì, in contrasto con Antonio Di Pietro, che adesso lo considera uno dei monarchi di partito. Veltri, mai domo, ora cerca di continuare la sua battaglia per la legalità con l’impegno personale e associativo. E stasera sarà a Trento: dove spiegherà il senso del suo libro “I soldi dei partiti. Tutta la verità sul finanziamento alla politica in Italia” scritto con Francesco Paola (edizione Marsilio).
Ma ormai cominciamo a capirla anche noi la verità sui soldi ai partiti, non le pare?
«Certo, certo: ma i casi Lusi e Belsito stavano per scoppiare quando è uscito questo libro...»
Lei sostiene che il suo libro è una sorta di manuale di resistenza. Ma per quelli come lei, che credono ancora nei partiti, non le pare?
«Sì, ma ai partiti, completamente rinnovati, dobbiamo credere, per credere nel nostro futuro».
I partiti stanno per saltare?
«I partiti purtroppo non hano ancora la consapevolezza della gravità. E purtroppo n on ce l’hanno neppure i media, che continuano a parlare di un taglio di 20-30 milioni di euro di finanziamento ai partiti. Il problema è molto più profondo».
Che cosa bisogna cambiare?
«Lo status dei partiti, prima di tutto. Vede, non cambierà nulla fino a quando i partiti resterano delle associazioni private e non sarà riconosciuto che sono inverce organismi di diritto pubblico e che i loro rappresentanti, ricevendo trasferimenti dallo Stato, sono soggetti a controlli e possono incorrere in reati della Pubblica amministrazione».
Forse il cambiamento della legge elettorale, l’abbattimento del Porcellum può portare a cambiamenti all’interno dei partiti?
«Va bene la riforma elettorale. Ma non basta. C’è un problema di democrazia interna. Perché adesso abbiamo dei partiti monarchici, a guida carismatica, e ritenuti soltanto delle associazioni private».
Lei nel libro spiega subito che già nell’assemblea costituente fu bocciata la proposta di Mortati e di Aldo Moro di pretendere meccanismi di democrazia interna ai partiti...
Sì, ma una volta, nella prima repubblica, alcune regole importanti c’erano, resistevano. C’erano dei veri partiti che rispecchiavano ampie fasce di società. Ora non è più così. Guardi Bossi, che ha piegato il partito alla famiglia. Guardi Berlusconi. Ma guardi anche Di Pietro: sa quanti bilanci ha firmato di suo pugno lui, Di Pietro?»
Lei è uscito da quel partito...
«Sì, certo. E dico che se il segretario è il padrone assoluto anche una buona legge elettorale non basta, perché è sempre lui che decide tutto, magari disponendo a chi vanno i soldi per le campagne elettorali».
Anche Grillo è un monarca?
«Un monarca assoluto! Nel suo movimento non ci sono organismi di garanzia: qui siamo al di là del bene e del male».
Insomma, non serve mettere mano al porcellum, bisogna vincolare i partiti a regole democratiche interne.
«Assolutamente, altrimenti nullaa cambierà. Guardi la Francia: ha la stessa legge elettorale dai tempi di De Gaulle, la Gran Bretagna ce l’ha addirittura da un secolo. Non è questione di legge elettorale, perché i “cassieri” e tante altre storture nascono altrove...»
Ma qualcuno dovrà anche controllare...
«Chiaro, è assolutamente necessario un soggetto terzo che controlli i partiti, i loro bilanci».
Quanto bisogno c’è ancor adei partiti?
«Tanto, tantissimo. Più di quanto vogliamo credere. Purché non siano questi partiti senza regole...»
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