L’annuncio shock: «Chiude la Whirlpool»
La multinazionale americana ha dato la notizia ieri pomeriggio alla Provincia. Subito un vertice straordinario con Confindustria e i sindacati per studiare le contromosse. A rischio 470 lavoratori. Il comunicato ufficiale dell'azienda
TRENTO. La notizia shock arriva in Provincia attorno alle quattro del pomeriggio: «Chiuderemo la sede trentina della Whirlpool». Ad annunciarlo ad un incredulo assessore Alessandro Olivi sono i piani alti della sede centrale del Michigan della multinazionale che produce elettrodomestici dal 1911. Un colpo durissimo e profondo, una ferita al cuore produttivo del Trentino: nella grande sede di Spini di Gardolo lavorano 470 lavoratori, senza considerare l’indotto.
Erano dieci giorni che tra i lavoratori della Whirlpool si respirava un clima particolare: non più tardi di una settimana fa la direzione dello stabilimento di Spini aveva incontrato i sindacati e aveva tracciato un quadro a tinte fosche: chiusura in rosso nel 2012, andamento negativo anche per l’anno in corso. Ed ecco pronunciare la parola che fa paura a tutti: “riorganizzazione”. Le notizie, da quel giorno, erano iniziate a circolare all’impazzata: uno, forse due stabilimenti da chiudere nel comparto del fridge e washing in tutta Europa. Le prime notizie arrivate ai sindacati sembravano far tornare il sorriso (“Non chiuderanno in Italia”) ma dal Michigan è bastata una telefonata per far calare il gelo su un’intera provincia.
«Ci siamo trovati con i lavoratori a Spini alle 5.30 - spiega il segretario Fiom Cgil, Roberto Grasselli - e alle 6 abbiamo iniziato un presidio permanente». L'annuncio ufficiale dell'azienda arriva poco dopo le 10 del mattino: chiusura di Spini, e trasferimento di tutte le produzioni a Cassinetta di Biandronno, nel varesotto. Gli operai decidono uno sciopero permanente.
L’assessore Olivi convoca subito i vertici dei sindacati e di Confindustria, per annunciare la peggior notizia di questa drammatica situazione di crisi economica: dall’America hanno estratto la carta sbagliata, e quella carta si chiama proprio Spini di Gardolo.
Conta poco, a questo punto, pensare alla capacità produttiva dello stabilimento, alla qualità lavorativa di chi in questi anni ha sputato il sangue per la Whirlpool. Niente. Ora si può solo cercare di ribaltare una decisione che sembra irrevocabile, presa su una “scacchiera” troppo distante dalle logiche italiane (e trentine) come quella americana.
Alla mente tornano gli ultimi giorni di un altro colosso che aveva deciso di lasciare Trento, e cioè la Michelin. Anche in quel caso, riunioni, spiragli, timori e poi all’improvviso, sul calare della sera, l’annuncio della chiusura: era il 30 settembre 2004. E alla mente torna anche la recente vicenda della Subaru di Ala, la cui chiusura è stata decisa a marzo dal Giappone semplicemente perché Milano è una sede più “logistica” rispetto al decentrato Trentino.
Al tavolo straordinario della Provincia ieri sera regnava più il silenzio che la rabbia. L’assessore Olivi si trincera dietro a un ferreo “no comment”, ma chi gli è vicino assicura che dalle quattro di ieri pomeriggio ha iniziato a mettersi al lavoro per cercare di capire se qualche margine di trattativa esista oppure no. La Provincia è pronta a mettere in piedi una vera e propria “task force economica” per cercare di far cambiare idea agli americani, per cancellare quella scritta “closed” che qualcuno vorrebbe mettere il prima possibile ai cancelli di Spini di Gardolo. I soldi non mancano a piazza Dante, ma quel c’è da capire è se la decisione arrivata dal Michigan sia davvero irrevocabile. Sul piatto non c’è solo la presenza o meno sul territorio trentino di una delle più grandi multinazionali del mondo, ma c’è il futuro di 470 lavoratori (e delle loro famiglie) che speravano di avere il futuro garantito dagli americani, e che all’improvviso si ritrovano con le speranze ridotte al lumicino.