Kessler: «È una città colpita a morte»
Il numero uno dell'Olaf abita e lavora vicino al luogo del secondo attentato: «Dopo l’esplosione, atmosfera surreale»
TRENTO. Con un messaggio diffuso su internet Giovanni Kessler ieri mattina ha voluto rassicurare gli amici: «Sono al sicuro in una Bruxelles colpita a morte». Lo scoppio dell’ordigno nella metropolitana era appena avvenuto, a poche centinaia di metri di distanza dalla sede dell’Olaf, cioè l’ufficio europeo antifrode, diretto dall’ex magistrato trentino.
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«Stavo andando in ufficio quando ho visto la gente che scappava e la polizia che chiudeva gli accessi alla zona, garantendo il transito alle ambulanze» racconta Kessler. «Alcuni feriti, lievi, hanno trovato riparo nei nostri uffici prima di essere trasportati in ospedale. Poi le strade si sono svuotate e sul quartiere è scesa un’atmosfera surreale, con i funzionari chiusi negli uffici, secondo le istruzioni delle forze dell’ordine, e la zona completamene deserta, senza auto per le strade e con i mezzi di trasporto pubblico bloccati».
Negli uffici di Bruxelles, in particolare nei palazzi delle istituzioni europee, attorno alla stazione della metro colpita dagli attentatori, non è stata una giornata facile: «Abbiamo iniziato con una sorta di censimento per verificare la presenza dei nostri funzionari» ha spiegato Kessler. «Le persone più in ansia erano quelle che hanno bambini a scuola Ma molti erano già partiti per le vacanze di Pasqua».
Secondo Kessler è assolutamente evidente che si tratta di un attacco all’Unione europea: «Il luogo scelto, cioè la stazione della metropolitana che viene utilizzata ogni giorno da migliaia di persone che lavorano nei palazzi delle istituzioni europee è altamente simbolico. L’obiettivo degli attentatori è chiarissimo, almeno dal punto di vista simbolico».
Kessler farà rientro in Italia nelle prossime ore: «Avrei dovuto fare rientro domani mattina (cioè oggi, ndr) - ha detto - ma per il momento stiamo pensando a come organizzare questa giornata che, al di là del dolore e della paura, presenta una serie di problemi logistici per tutte le persone che lavorano in questa area della città».
C’era tensione nei giorni precedenti a Bruxelles? C’erano timori che potesse succedere qualcosa del genere? «Non c’erano particolari preoccupazioni tra la gente, c’erano invece le normali precauzioni che si incontrano nelle grandi città europee, con i controlli e i presidi delle forze dell’ordine che abbiamo cominciato a conoscere già dopo l’attentato a Charlie Hebdo e dopo gli ultimi attacchi terroristici a Parigi».